Alberto Stipo
Il respiro
Spontaneità e controllo

 


 

INDICE

 

1. L’importanza delle pratiche respiratorie
2. Gli ostacoli a una corretta respirazione
3. Le fasi respiratorie
4. La progressione nella pratica
5. La consapevolezza del respiro
6. Altre pratiche di consapevolezza
7. Un nuovo livello di conoscenza
8. Lo sblocco del respiro spontaneo
9. Qualche altra pratica interessante
10. Il respiro profondo
11. Il ritmo
12. La direzione del respiro
13. Il controllo della parete addominale
14. Il controllo del respiro
15. La ritenzione volontaria
16. Alternare le narici
17. Oltre la tecnica

 


 

PASSI SCELTI

 

5. La consapevolezza del respiro

Proponiamo una pratica per un primo avvicinamento alla consapevolezza del nostro respiro.

Prendete una posizione seduta molto comoda ed eretta. In tutta la pratica dello Yoga si è di fronte al problema dell’equilibrio fra diverse polarità: cercate qui un compromesso fra l’essere eretti e il non essere rigidi. Soprattutto evitate le posizioni che, tenendo la parte posteriore del corpo molto incurvata, fanno irrigidire l’addome e chiudere le spalle in avanti.

Portate l’attenzione sul respiro spontaneo. Non modificatelo. Aiutatevi con le mani per prendere coscienza del movimento respiratorio. Andate ad appoggiare una mano sull’ombelico e una sullo sterno e sentite il movimento respiratorio in questi punti. Potete percepire se si muovono tutte e due le mani o una sola; se il movimento è superficiale, medio o esteso; quale delle due mani si muove per prima; se il movimento avviene in espansione o in ritrazione. Cercate di ricavare tutte le informazioni possibili.

Spostate le mani sull’addome, a un palmo l’una dall’altra, leggermente al disotto delle costole più basse, e percepite il movimento respiratorio spontaneo in questi punti. Di nuovo percepite se è superficiale, medio o intenso. Percepite se è ugualmente intenso a sinistra e a destra, oppure se una delle due parti ha un movimento più superficiale.

Spostate le mani all’incirca a metà del torace, distanziate fra loro tanto quanto erano distanti nella posizione precedente, e fate le stesse osservazioni. Fate poi lo stesso con le mani sulla parte alta del torace, le punte delle dita sulle clavicole. Paragonate questo movimento con quello che avevate negli altri punti: la sua intensità, l’eventuale differenza fra il movimento della mano sinistra e quello della mano destra.

Andate ad appoggiare le mani sui lati esterni del torace, all’altezza delle costole più basse, e osservate se il movimento tende a separare le due mani, ad allontanarle una dall’altra; osservate se da uno dei due lati il movimento è più intenso.

Fate lo stesso con le mani all’altezza del medio torace, e poi con le mani appena al disotto delle ascelle.

Appoggiate ora una mano sull’ombelico e una sul dorso, alla stessa altezza. Osservate se il movimento si sviluppa in tutte e due le direzioni, se tutte e due le mani si muovono, se si muovono con la stessa intensità, se una delle due si muove prima dell’altra, se il movimento avviene in espansione o in ritrazione.

Fate le stesse osservazioni appoggiando le mani più in alto, una sullo sterno e una sul dorso, facendo passare quest’ultima dietro la schiena dal basso o dall’alto, se è più comodo, in modo che sia alla stessa altezza della prima. Infine, infilate una mano sotto il perineo, nel punto in cui il corpo si appoggia a terra, e percepite se esiste movimento in questa parte.

A questo punto avete una certa quantità di informazioni sul vostro respiro spontaneo e potete effettuare una prima valutazione sul suo grado di scioltezza e sugli eventuali ostacoli. Non c’è ragione perché l’apparato respiratorio non si debba espandere in tutte le direzioni inspirando, e voi potete osservare se questo è avvenuto o no, e, eventualmente, se per caso in certi punti c’era tendenza a una ritrazione verso l’interno, mentre altri si espandevano. L’osservazione è il punto di partenza di ogni evoluzione: prima di costruire la casa bisogna studiare il terreno.

Può essere interessante ripetere questa pratica in diverse posizioni sedute, ad esempio in quella a gambe incrociate e in quella sui talloni, osservando se vi sono differenze, particolarmente nel movimento dell’addome; questo ci può dare qualche indicazione anche sulla nostra capacità di mantenerci eretti e rilassati in tali âsana.

Quando si ha un certo livello di consapevolezza del proprio corpo, la pratica può essere eseguita senza l’aiuto delle mani, anche se inizialmente il loro uso è raccomandato.

È anche interessante osservare se dopo questa pratica il nostro stato d’animo è cambiato, se la nostra componente mentale è stata beneficamente influenzata da questo processo di ritorno dell’attenzione verso noi stessi, ben diverso dall’abituale dispersione della vita di tutti i giorni.

 

  


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