Alberto Porro
Salute dal cibo
Guida all'alimentazione che guarisce

 


 

INDICE

Premessa

1. I nutrienti
Introduzione
Glucidi o zuccheri (carboidrati)
Lipidi o grassi
Protidi o proteine
Acidi nucleici
Sali minerali e vitamine

2. La conoscenza del nostro corpo per una corretta igiene alimentare
Introduzione
L'unità fondamentale del corpo umano: la cellula
La difesa dall'ambiente esterno
Digestione
Suggerimenti per una buona digestione
ed un perfetto equilibrio batterico intestinale
Necessità di protidi
Necessità di enzimi e coenzimi
Necessità di acidi nucleici
Necessità di lipidi
Necessità di glucidi
Necessità di "fibra alimentare"
Necessità di sali minerali
Necessità di vitamine
Fabbisogni calorici

3. Omeostasi: l'equilibrio dell'organismo
Introduzione
Equilibrio idrico-salino
Equilibrio acido-base
Equilibrio del sistema nervoso autonomo
Equilibrio del sistema endocrino

4. Alimenti e salute
Introduzione
Come operare per ottenere una salute migliore
Come riconoscere la progressiva intossicazione
Conoscere ciò che si mangia
Consigli dietetici

5. Regole per un'alimentazione sana
Esempio tipico di alimentazione
Suggerimenti per una nuova alimentazione
L'alimentazione dissociata e le monodiete
Le intolleranze alimentari

6. Influenze dei trattamenti tecnologici e della cottura sui cibi
Alterazione del valore nutritivo degli alimenti
Influenza sulle proteine
Influenza sui glucidi
Influenza sui lipidi
Influenza sulle vitamine
Influenza sui sali minerali

7. La vitamina F o acidi grassi essenziali
Introduzione
Funzioni
Alcune sinergie e antagonismi
Tossicità e dosi
Aumento del fabbisogno
Alimenti in cui si trova
Carenza

8. I coenzimi: le vitamine
Introduzione
Vitamine liposolubili
Vitamine idrosolubili

9. I coenzimi: i sali minerali e gli oligoelementi
Introduzione
Macroelementi
Microelementi

10. Gli antinutrienti
Oligoelementi tossici
I fertilizzanti e i concimi chimici
I pesticidi e i diserbanti usati in agricoltura: i loro effetti sulla salute
I farmaci e loro principi attivi
Additivi e conservanti
Ormoni
Antibiotici
Additivi alimentari
Solventi
Altri problemi legati alla conservazione degli alimenti

11. Altri inquinanti
Tabacco
Alcool
Caffè

12. Il ruolo della dieta nella prevenzione delle malattie
Relazione tra condizione dell'intestino e patologie
Le patologie degenerative e cancerose

13 Conclusioni

APPENDICE 1 - Suggerimenti pratici
Come cucinare i cereali e i legumi
Come assumere i pasti
Se i figli sono con gli amici o se siete in gita
Come organizzare la dispensa
Elettrodomestici che possono risultare utili

APPENDICE 2 - Schede sulle proprietà degli alimenti di origine vegetale

Bibliografia

 


 

PASSI SCELTI

 

CAP. 4
ALIMENTI E SALUTE

INTRODUZIONE

Come abbiamo visto l’organismo è un complesso di strutture e funzioni in perfetto equilibrio interno (omeostasi). Se non si presentano difetti ed alterazioni di tipo genetico tale situazione permane fino a quando dall’esterno non si introduce «qualcosa» che la altera (virus, batteri, sostanze tossiche, ecc.), oppure si è sottoposti ad un livello di stress eccessivo. Quando si è in ottima salute e tutti i sistemi enzimatici, le attività nervose ed ormonali funzionano perfettamente, l’organismo risponde positivamente reagendo all’alterazione e riportandosi di nuovo in equilibrio; in caso contrario la risposta non potrà essere così efficace ed il corpo si sposterà verso un equilibrio diverso da quello iniziale. Il permanere di questa situazione porterà ad una alterazione delle funzioni dei sistemi e a danni cellulari e si manifesterà la malattia.

È possibile difendersi da questo meccanismo agendo su due fronti: da un lato fornire ai nostri sistemi enzimatici, ormonali e nervosi tutto ciò che serve loro per avere una attività corretta e funzionale, dall’altro fare in modo che l’organismo utilizzi con efficienza le sue «linee di difesa e di eliminazione», come i reni, la pelle e le mucose, il fegato ed il sistema immunitario. E l’unica medicina che ha tutte queste qualità è proprio il cibo! Esso ci dona le vitamine e gli elementi minerali per i sistemi enzimatici, per attivare le risposte cellulari e nervose, ci fornisce il materiale per rigenerare le cellule e le loro membrane e per dare loro energia. Affinché ciò sia possibile il cibo deve essere integrale e biologico: integrale perché deve avere tutte le sostanze nutritive che lo rendono ricco di elementi per l’organismo, digeribile e assimilabile; biologico perché non deve essere inquinato da diserbanti, pesticidi e conservanti, che sono veleni per le cellule.

Per mantenere la salute quindi è necessario fare attenzione all’integrità dei tessuti che ci mettono in contatto con il mondo esterno - la pelle, i polmoni ma soprattutto la mucosa intestinale - e bisogna avere cura del nostro fegato, tenendo anche presente che situazioni di alimentazione sbagliata, eccessi continui o stress prolungati lo affaticano enormemente.

Schematizzando possiamo affermare che la nostra salute dipende:

• dalle sostanze che respiriamo;

• dal livello di stress e di impegni che ci assumiamo;

• dal cibo che mangiamo e da come lo cuciniamo;

• da come l’apparato digerente riesce a digerire e ad assimilare i nutrienti e da come l’organismo li utilizza.

Di questi quattro fattori tre dipendono da noi.

 

COME OPERARE PER OTTENERE UNA SALUTE MIGLIORE

I fattori più importanti da tenere presente sono quindi:

• Difendere l’integrità della mucosa intestinale e migliorarne l’impermeabilità. Regolare la flora batterica in modo che sia equilibrata verso la flora «acida» dei lactobacilli. Il controllo della funzione intestinale è fondamentale per la salute; l’intestino è l’unico luogo del nostro corpo dove l’ambiente esterno e quello interno sono separati da uno strato di cellule spesso appena 25 millesimi di millimetro, che deve proteggerci dai miliardi di batteri presenti nel colon e dalle tossine da loro prodotte o introdotte con gli alimenti. Per dare un’idea della sua importanza basta segnalare che se la superficie cutanea ha una estensione di 2 mq e quella polmonare di 60 mq, la superficie intestinale raggiunge i 600 mq!

• Disintossicare il fegato per aumentare la sua efficacia, eliminando l’apporto di sostanze tossiche o potenzialmente tali e allontanandosi se possibile dalle situazioni di stress. È bene ricordare che il fegato è in grado di autorigenerarsi e quindi un’alimentazione corretta permette che esso torni alle sue funzioni. Connessa direttamente all’attività epatica è la funzionalità degli organi digerenti (specialmente il pancreas), ma soprattutto del sistema immunitario, che risente assai negativamente di un fegato mal funzionante.

• Aumentare l’apporto di sostanze alcalinizzanti (verdura e frutta) e diminuire quelle acidificanti (proteine e carni, grassi saturi).

• Aumentare enormemente l’apporto di coenzimi (catalizzatori di enzimi), cioè vitamine e oligoelementi, presenti in particolare nei cereali integrali (frumento, orzo, miglio, grano saraceno, ecc.), nei semi oleosi (semi di zucca, di girasole, di sesamo, di lino, ecc.), nelle verdure.

• Apportare enzimi e fermenti attraverso l’uso di alimenti crudi (verdure, cereali, semi), germogli e piccole quantità di alimenti fermentati (pane lievitato naturalmente, crauti, miso, yogurt fresco e non zuccherato), che rinforzano la flora batterica intestinale e aiutano la digestione dei cibi.

• Cucinare nel modo giusto. Si deve scegliere il cibo in modo da offrire al nostro organismo tutta la gamma di sostanze che gli servono, ma si deve anche imparare a cucinarlo: un alimento cucinato male può perdere tutto il suo valore nutritivo o addirittura essere tossico.

È necessario imparare a conoscere il nostro corpo e le sue funzioni facendo attenzione ai sintomi, alle sue risposte, alle condizioni che lo affaticano o superano le sue possibilità di recupero. Molti cibi, soprattutto quelli raffinati e trattati industrialmente, non hanno alcun valore nutritivo, ma hanno effetti eccitanti o stimolanti sul sistema nervoso e sulle ghiandole, per cui è facile che con il tempo si diventi senza accorgersene talmente dipendenti da essi, che l’organismo ne senta la necessità come di una droga. Gli alimenti più a rischio sono gli zuccheri e le farine raffinati, le carni rosse e di maiale, il latte ed i latticini.

 

COME RICONOSCERE LA PROGRESSIVA INTOSSICAZIONE

La malattia non è un «fulmine a ciel sereno», e nemmeno un castigo del cielo, ma una situazione biologica nella quale l’organismo, cronicamente intossicato, non riuscendo ad eliminare le tossine, piuttosto che soccombere le accumula in un distretto e manda dei segnali che si percepiscono come dolore.

Se si sopprimono i sintomi, attraverso l’uso eccessivo di medicine di sintesi, ma si continua sulla strada intrapresa, quel tipo di disturbo scomparirà, ma con il tempo ne apparirà uno nuovo in un altro luogo e l’intossicazione, lungi dall’essere stata eliminata, si aggraverà.

Dal punto di vista strettamente biologico per evitare la malattia occorre mantenere efficienti le funzioni degli organi (fegato, reni, pelle ed intestino) che provvedono alla disintossicazione ed alla eliminazione degli scarti. Le vie per operare in tal senso non sono molte: curare con particolare attenzione l’alimentazione e la digestione, in modo da non aumentare il carico intossicante, e controllare lo stress, decidendo di vivere secondo le nostre possibilità ed accettandoci per quello che siamo.

Se si è sotto tensione si mangia frettolosamente e si abusa soprattutto dei cibi più stimolanti senza porre particolare attenzione al loro valore nutritivo. Gli alimenti mal masticati o privi di fattori vitali provocano una eccessiva stimolazione ed un superlavoro degli organi preposti alla digestione (pancreas, stomaco e intestino), e nel contempo squilibrano la flora batterica intestinale per la presenza di cibo mal digerito; i batteri patogeni si moltiplicano e producono numerose tossine infiammando la mucosa intestinale e rendendola più permeabile. Questo facilita il passaggio delle tossine - o addirittura dei batteri stessi - all’interno del circolo sanguigno e linfatico. Quello che passa nel sangue deve essere filtrato dal fegato, mentre quello che giunge al sistema linfatico mette in allarme le cellule immunitarie, rallenta il flusso della linfa e riduce le possibilità di difesa.

Con il persistere della situazione le ghiandole digestive si esauriscono sempre di più, la flora batterica diventa sempre più aggressiva, il fegato, costretto ad un superlavoro, crolla ed il sistema immunitario non riesce più ad essere governato. Nascono così le malattie che possono essere schematicamente suddivise in quattro categorie, a seconda della gravità:

• malattie non serie ma ricorrenti e difficili da guarire (immunità indebolita);

• allergie, iperreattività (immunità esagerata);

• malattie degenerative e autoimmuni (immunità deviata e incontrollata);

• AIDS (immunità assente).

Il crollo delle funzioni digestive, eliminatorie e disintossicanti colpisce in modo particolare il fegato ed i reni ed impedisce la disattivazione e l’eliminazione di acidi, metaboliti, tossine, metalli pesanti che si accumulano nel sangue e nei tessuti alterando le funzioni organiche ed il delicato equilibrio tra i vari tipi di cellule del sistema immunitario. L’irritazione che ne consegue provoca uno stato di acidosi che solubilizza i sali e consuma le riserve alcaline creando una situazione di alterazione nervosa e ghiandolare. Compaiono i primi «sintomi», che non hanno nessun riscontro oggettivo alle analisi cliniche e vengono facilmente etichettati come «disturbi psicosomatici», ma non sono altro che i segni di una avanzata intossicazione. Se non si fa nulla, ma anzi si assumono in abbondanza farmaci sintomatici o psicofarmaci, i tessuti e gli organi, prima solamente sofferenti, incominciano a lesionarsi. E se a questo punto si subisce un importante shock emotivo, che non si riesce a gestire, il debole equilibrio di una salute precaria si rompe e compariranno le malattie degenerative. Esse seguono una progressione che molti ricercatori hanno evidenziato.

La carie dentaria è la prima malattia degenerativa - ossia distruttiva - che si presenta. L’uso di zucchero raffinato ed una alimentazione errata provocano una variazione del grado di acidità nella bocca in grado di inattivare la sostanza di difesa naturale, il lisozima, causando una proliferazione batterica ed una maggiore solubilità della dentina dei denti. Alla carie si accompagnano sovente disturbi digestivi cronici; spesso stipsi, alternata o meno alla diarrea, pesantezza di stomaco, acidità, meteorismo, squilibri nella produzione di enzimi digestivi e alterazione della flora batterica con fermentazioni e putrefazioni intestinali. Spesso il persistere di questi sintomi provoca uno stato di infiammazione cronica della mucosa digestiva con un aumento della sua permeabilità, che attiva eccessivamente le cellule immunitarie presenti sulla stessa. Si giunge pertanto ad una perturbazione del meccanismo di controllo dell’assimilazione dei cibi ed una insufficienza delle difese che provocano lo sviluppo di intolleranze alimentari e allergie (sia alimentari che respiratorie o cutanee) e la comparsa di disturbi persistenti e stagionali (raffreddori, sinusiti, otiti, coliti, ecc.). Con il tempo aumenta la tendenza alle infezioni banali nei bambini ed alle infezioni virali e batteriche più o meno gravi negli adulti.

Il persistere dei disturbi infiammatori provoca un superlavoro del fegato e quindi la diminuzione della sua funzionalità, che si registra attraverso diversi sintomi:

• si riduce la capacità di digerire i grassi e si possono formare calcoli alla cistifellea perché la composizione della bile si altera;

• le mestruazioni nella donna diventano dolorose perché il fegato diventa incapace di regolare l’equilibrio ormonale e non riesce a disattivare gli estrogeni in eccesso;

• si formano con facilità i calcoli ai reni perché vengono immesse in circolo numerose tossine, acidi, prodotti di scarto che il fegato non riesce ad eliminare.

• si manifestano cefalee ed emicranie periodiche, con fotofobia, disturbi muscolari e nausee.

Si riduce progressivamente la capacità di rigenerazione cellulare e compaiono disturbi vascolari (trombosi, embolie, arteriti, arteriosclerosi, infarto) e disturbi ghiandolari, tra i quali il diabete e l’obesità, l’ipotiroismo e la sterilità. Anche le malattie autoimmuni (artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, ecc.) sono aggravamenti di malattie allergiche, innescate probabilmente da organismi virali e batterici, su un substrato di debolezza organica ed immunitaria. Come ultimo gradino della scala vengono le malattie degenerative del sistema nervoso, come il morbo di Parkinson e la sclerosi a placche, le patologie tumorali, e l’aumentata frequenza di malformazioni fetali e patologie tumorali nei bambini, dovute all’impoverimento del materiale genetico trasmesso ai figli.

 

CONOSCERE CIÒ CHE SI MANGIA

Dopo aver letto con attenzione i paragrafi precedenti può ora sorgere il dubbio che non tutti gli alimenti siano uguali: alcuni possono essere una medicina, mentre altri sono invece un veleno. Le malattie possono - e devono - essere curate attraverso una corretta e sana alimentazione; le medicine sono utilissime in casi di emergenza, quando è necessario un intervento rapido ed immediato, ma su di esse non si deve fare affidamento per tutta la vita. Il loro abuso determina sempre effetti collaterali perché sovraccarica il fegato ed i reni, aggravando la situazione.

La salute si può recuperare e mantenere conoscendo quali sono le proprietà dei cibi, ed in base a ciò attuare una scelta consapevole, eliminando o riducendo drasticamente alcune sostanze dalla nostra dieta e rivedendo il sistema di cottura e preparazione degli alimenti.

 

Lo zucchero

Normalmente quello che è presente sulle nostre tavole è lo zucchero bianco. Essendo stato manipolato è un alimento che è assorbito nel sangue in maniera assai rapida, la qual cosa determina un’alterazione degli equilibri idrico-salini e brusche variazioni glicemiche, per compensare le quali è necessaria una adeguata secrezione di insulina. La sua continua assunzione porta ad un esaurimento del pancreas e delle ghiandole che partecipano alla regolazione glicemica - ad esempio la tiroide e le surrenali - inducendo una alterazione dell’equilibrio psico-neuroendocrino (le cellule del cervello utilizzano gli zuccheri come fonte energetica). Possono avere origine così patologie che coinvolgono il sistema nervoso e lo stato emozionale, come l’ipoglicemia, le intolleranze alimentari e le intolleranza allo stress, fino ad arrivare al diabete o a malattie più gravi e serie.

Lo zucchero è completamente privo degli oligoelementi e vitamine che sono necessarie per metabolizzarlo e per questo causa uno squilibrio nel rapporto calcio/fosforo con liberazione di calcio nel sangue ed un suo impoverimento nelle ossa e nei nervi, consuma le vitamine del gruppo B, il ferro, il manganese e il cromo senza apportarne e alla lunga ne consuma le riserve. È ricco di acido ossalico e produce una grande quantità di acido piruvico, che insieme inducono un importante stato di acidosi con gravi demineralizzazioni a carico non solo delle ossa e dei denti, ma anche dei tessuti ormonali e nervosi.

Il suo abuso sembra sia una delle cause principali, assieme ai grassi saturi, dell’alterazione del sistema immunitario, sia sotto l’aspetto esuberante (le reazioni allergiche) sia deficiente (malattie e infezioni ricorrenti che lasciano il posto a fenomeni cancerosi o autoimmuni).

Un dolcificante comunemente usato negli alimenti industriali è lo sciroppo di glucosio: esso è un prodotto estratto dai vegetali attraverso la degradazione della cellulosa operata con l’acido solforico. Non è quindi un prodotto su cui fare troppo affidamento.

Per rimanere in buona salute bisogna eliminare lo zucchero bianco e ridurre il consumo di prodotti dolcificanti assumendoli sotto forma di miele o di zucchero di canna integrale (non «zucchero di canna», che è comunque raffinato!) oppure malto di riso o sciroppo d’albero. In caso di patologie o disturbi digestivi sarebbe meglio consumarli come dolcificanti di bevande o tisane, non associati ad altri alimenti, soprattutto proteici.

Osserviamo l’analisi comparata dei componenti tra 100 g di tre tipi di zucchero:

Zucchero completo
(integrale)
Zucchero grezzo
 (di canna)
Zucchero raffinato
(bianco)

Proteine (g)

0.4-1.1 0 0
Saccarosio (g)  74-92 96-97 99.6
Glucosio (g) 2-11 0-1 0
Fruttosio (g)  3-12 0-1 0
Potassio (mg) 600-1100 15-150  3-5
Magnesio (mg)  100-180 13-20 0
Calcio (mg) 50-170 75-95 10-15
Fosforo (mg)  14-80 3-4 0.3
Ferro (mg) 3-5 0.5-1.3 0.1
Provitamina A (mg) 3.9 0 0
Vitamina B1 (mg) 0.14 0.01 0
Vitamina B2 (mg) 0.14 0.006 0
Vitamina B3 (mg) 0.2 0.03 0
Vitamina B5 (mg) 1.2 0.03 0
Vitamina B6 (mg) 0.4 0 0
Vitamina C (mg) 38 0 0

(da A.M.K.I., 1983)

 

LE VARIE FASI DI RAFFINAZIONE DELLO ZUCCHERO

CANNA DA ZUCCHERO BARBABIETOLA
spremitura    affettatura
 

diffusione (estrazione per lisciviazione con acqua calda a 37°C)

      succo zuccherino

setacciatura e purificazione a 50°C

depurazione con calce

defecazione (vengono allontanate sostanze organiche, proteiche e coloranti)

carbonatazione (con anidride carbonica si elimina la calce in eccesso)

filtrazione (eliminazione del carbonato di calcio precipitato durante la carbonatazione)

solfitazione (con solfo e anidride solforosa per decolorare lo sciroppo)

concentrazione (evaporazione e cottura sotto vuoto)

cristallizzazione

ZUCCHERO DI CANNA (ZUCCHERO GREZZO)

filtrazione e decolorazione (carbone vegetale attivo per eliminare le impurità e le sostanze coloranti)

colorazione (con colorante «blu oltremare»)

ZUCCHERO BIANCO (ZUCCHERO RAFFINATO)

 

La farina e i cereali

Come nel caso dello zucchero nella maggior parte delle case è presente la farina bianca, mentre sono assenti i cereali in chicchi. La raffinazione a cui è sottoposta la farina aumenta enormemente la sua conservabilità, ma toglie al chicco tutte le parti vitali più ricche di coenzimi e vitamine. La farina integrale e biologica essendo molto più ricca viene utilizzata anche dagli insetti e quindi ha una conservabilità minore.

Il chicco di cereale è formato da un nucleo, l’endosperma, costituito da amido, ricoperto da un sottile strato, lo strato aleuronico o meraviglioso, ricco di proteine e vitamine e da una zona, nota come germe, essenziale per la germinazione del seme; il germe contiene enzimi, oligoelementi, vitamine (in particolare quelle del gruppo B e vitamine E ed F). Endosperma, germe e strato aleuronico - noti meglio come crusca - sono avvolti da un pericarpo, contenente anch’esso preziosi enzimi e vitamine. La raffinazione elimina gli involucri e il germe, ricchi di sostanze utili ma facilmente ossidabili, e lascia solo l’endosperma.

Osserviamo la differenza in alcuni elementi tra 100 g di farina integrale e di farina bianca:

  Farina  integrale
(tipo 2)
Farina
tipo 1
Farina
tipo 0
Farina
tipo 00
Germe di grano
Proteine (g)    13.0 9.0 8.8 8.7  35.0
Oligoelementi (%)    1.8 0.40 0.38 0.33 2.1
Sodio (mg) 52 3 3 3 3
Potassio (mg)   529 107.7 142.0 126 823
Manganese (mg)    7 1.5 2 2 -
Ferro (mg) 4  1.7 1.2 1 8
Rame (mg) 0.6  0.1 0.1 0.1 -
Calcio (mg) 70 20 18 15 70
Fosforo (mg) 650 210 200 186  1105
Magnesio (mg) 204 9 7.6 0.8  -
Vitamina A (mg) 0.07 0 0 0 0
Vitamina B1 (mg) 0.6 0.3 0.1 0.1 2.0
Vitamina B2 (mg) 1 0.06 0.05 0.04 2
Vitamina B3 (mg) 3.1 2.2 0.8 0.5  4.5
Vitamina B5 (mg) 1 0.3 0.2 0.1  2
Vitamina B6 (mg) 0.7 - - 0.2  3

(da Pedrotti 1991 e Costacurta 1992)

 

Da quando, nel 1880, entrarono in funzione i mulini a cilindri d’acciaio rotanti, che sostituirono quelli a pietra, fu possibile separare le varie componenti del chicco e preparare le farine bianche ad un prezzo concorrenziale; prima infatti, con la macinazione a pietra, erano un cibo per i ricchi che se lo potevano permettere.

Quello che in origine era un lusso divenne poco per volta una necessità. L’abuso di fertilizzanti, antiparassitari e concimi chimici nella coltivazione per aumentare la produzione, provocò una loro concentrazione proprio nelle parti più reattive e più ricche del chicco, per cui fu indispensabile eliminare la crusca per potersi alimentare con i cereali senza troppi danni.

Una componente antinutritiva del chicco di grano, citata in tutti i libri di scienza alimentare, è l’acido fitico. Esso ha la capacità di legarsi nell’intestino a minerali e vitamine impedendone l’assorbimento. Tuttavia il chicco intero è talmente ricco di tali sostanze, che una perdita parziale non ne influenza che minimamente le proprietà nutritive. Nella farina bianca invece l’acido fitico esercita la sua azione in maniera molto più devastante: infatti i minerali già ridottissimi sono resi praticamente inassimilabili.

I cereali e la farina derivata dalla loro macinazione, se integrali, costituiscono la fonte principale di vitamine del gruppo B e di oligoelementi (dal calcio allo zinco, dal manganese al cromo), e il loro consumo regolare è essenziale per la salute. Il pane di farina integrale, lievitato naturalmente (lievitazione acida) e fatto con forme superiori al mezzo chilo, ha un elevato valore nutritivo. L’acido fitico, citato prima, viene disattivato dalla lievitazione naturale, al punto che il pane diventa un alimento completo, in grado di costituire una sorgente ricchissima di coenzimi. Il pane bianco, o ancora peggio addizionato di crusca (non biologica per giunta), non ha alcun valore nutrizionale. Ad esso vengono spesso anche aggiunte sostanze antimuffa (persolfato di ammonio, perossido di benzoile, perborato di sodio, bromato di potassio, fosfato acido di calcio, iodato di potassio, ecc.) e grassi derivati da elaborazioni chimiche (ad esempio lo strutto) e la sua lievitazione avviene artificialmente. Talvolta il pane venduto come «integrale» è pane bianco spolverato di crusca e addizionato con un grasso chimico che lo rende lucido e fissa la crusca in superficie.

Piuttosto che il pane preparato in questo modo è meglio prepararselo da soli oppure consumare direttamente i cereali integrali (che, come il pane integrale vero, si trovano nei negozi di alimentazione naturale e dietetici) sotto forma di minestra o di altre pietanze. Esistono molti tipi di cereali, tutti ugualmente ricchi e con elevato valore nutritivo. Essi sono: il frumento (grano), il riso 1, l’orzo, l’avena, il farro, il kamut, la segale, il miglio, il mais, il grano saraceno e i sudamericani amaranto e quinua. Il grano saraceno e la quinua, se dal punto di vista della classificazione sistematica non sono graminacee, possiedono un valore nutritivo assai simile a quello dei cereali, con una percentuale di proteine maggiore. Le persone che soffrono di intolleranza al glutine possono alimentarsi con riso, mais, amaranto e quinua, kamut che ne sono privi.

Tutte le più grandi civiltà del globo hanno avuto come loro «piatto forte» un cereale. La civiltà mediterranea si è sviluppata sulla coltura del frumento e dell’orzo, quella orientale (cinese ed indiana) sulla coltivazione del riso, quella mesoamericana sulla coltivazione del mais e dell’amaranto. E il livello raggiunto non è forse dovuto alle proprietà di questi cibi consumati abitualmente? Pare che durante le campagne belliche i soldati romani consumassero focacce di farro e legumi e che questa alimentazione fornisse loro notevoli doti di forza e resistenza. Che tale affermazione avesse qualcosa di vero lo dimostrano le conquiste effettuate dall’esercito dell’Impero.

I cereali si possono assumere in chicchi o prepararne delle minestre o polentine squisite - la più nota è la «polenta taragna», di grano saraceno - ma per maggiori dettagli si rimanda all’appendice alla fine del libro.

Un altro modo di mangiare i semi di cereali, in particolare il grano, il farro e la segale, è di lasciarli germogliare ed aggiungerli alle insalate. I germogli sono gli alimenti più ricchi di catalizzatori (vitamine C, B5, B6), perché queste si mobilizzano durante la fase di sviluppo del seme. In particolare il grano possiede enzimi e sostanze in grado di rigenerere le cellule, tanto che viene usato come aiuto nella cura del cancro! La germinazione, che avviene in tre-quattro giorni in ambiente umido e a trenta gradi è la migliore garanzia della qualità dei cereali.

Ottimi risultati nutrizionali si ottengono anche facendo germogliare altri semi. Buone sono le leguminose come la soia, i ceci, le lenticchie, i piselli, alcuni tipi di fagioli e l’erba medica, mentre altri germogli si possono ottenere dal fieno greco e dal crescione.

 

Il latte e i latticini

Sono sostanze abbastanza squilibrate dal punto di vista nutrizionale: abbondano di calcio e di proteine, ma contengono essenzialmente grassi saturi, che l’organismo è in grado di utilizzare scarsamente e solo come combustibile in dosi non superiori a 20-30 g al giorno (Kousmine 1989, 1992), corrispondenti a 2-3 fettine di formaggio. Infatti essi passano direttamente dall’intestino al sistema linfatico, dove si accumulano e rallentano il deflusso della linfa, riducendo l’efficienza dei globuli bianchi che vi risiedono e che, tramite essa, vengono trasportati in tutti i distretti dell’organismo. Questo contribuisce ad una diminuzione delle capacità di difesa del corpo, i cui effetti si rendono particolarmente evidenti nei soggetti che soffrono già abitualmente di sintomi «linfatici» (otiti, tonsilliti, mal di gola, bronchiti, riniti, allergie) e che vedono un aggravarsi dei loro problemi dopo l’assunzione di latte e latticini.

La natura ha previsto che i grassi contenuti nel latte e nei suoi derivati vengano utilizzati con profitto dai vitelli che, in sei mesi, devono passare dallo stato di neonato (35 kg) a quello di individuo indipendente (250 kg). Servono infatti ad essere incorporati nelle membrane cellulari aumentandone la permeabilità, ed accelerando in questo modo il processo di assimilazione e l’aumento di peso. Il vitello consuma fino a 400 g di grassi saturi al giorno, fino a sei mesi, quando è svezzato; da allora non ne mangia più. Un individuo, adulto o bambino, che si nutre abitualmente di latte, burro e latticini, assume grandi quantità di quei grassi che servono a fare crescere i vitelli, e che provocano una alterazione funzionale delle membrane cellulari, aumentandone la permeabilità e rendendo le cellule incapaci a difendersi dalle tossine e dai microorganismi provenienti dall’ambiente esterno.

Il burro contiene una quantità elevatissima di grassi saturi (circa il 90%), il latte intero circa 3.5-4% e quello parzialmente scremato 1.5-2%. I formaggi ne contengono quantità notevoli: quelli grassi dal 40% all’80%, quelli magri dal 5 al 25%. Lo yogurt ha circa lo stesso contenuto in grassi del latte: 2-4%.

Per quanto riguarda il contenuto in calcio, di cui il latte ed i latticini sono una ricca fonte, è bene tenere conto del fatto che i grassi saturi nell’intestino tendono a legarsi al minerale formando saponi insolubili e riducendone l’assorbimento; anche una concentrazione troppo elevata di proteine ne provoca importanti perdite con le urine. Un eccesso di calcio tuttavia ha anche le sue controindicazioni, soprattutto se non è equilibrato dagli altri minerali, come nei latticini. Infatti, privo degli altri elementi sinergici - fosforo, magnesio, rame, zinco, boro, silicio, manganese - non riesce ad essere incorporato nella struttura ossea e si deposita nei tessuti molli, riduce le funzioni del fegato, perché ne blocca l’attività enzimatica1, abbassa l’attività tiroidea, rallentando tutte le funzioni metaboliche, favorisce l’accumulo di grasso nelle cellule e lo sviluppo di corpi chetonici, che diminuiscono ulteriormente le capacità di difesa immunitaria. L’eccesso di proteine e la presenza del lattosio può essere sovente causa di acidosi e di intolleranze alimentari, che sono all’origine di patologie catarrali ed allergiche.

I latticini (ad esclusione del latte e del burro) sono però cibi dall’elevato valore nutritivo, utili per lo sviluppo e la crescita, ricca fonte di proteine ed aminoacidi essenziali. È bene quindi assumerne, ma in dosi moderate, non più di due-tre volte la settimana, preferendo lo yogurt al latte e i formaggi magri (ricotta, formaggi freschi) a quelli stagionati, che contengono molti più grassi saturi. Evitare il latte UHT a lunga conservazione, ormai privo di qualunque fattore vitale.

Il latte è un alimento che - contrariamente a quello che viene solitamente affermato - non è nutrizionalmente equilibrato, nemmeno per i bambini. Contiene ormoni steroidei, che favoriscono la crescita dei vitelli, troppo calcio, che altera l’equilibrio intestinale e minerale, proteine (caseina) di difficile assimilazione, che favoriscono la formazione di catarri e muchi, lattosio, fonte di possibili intolleranze ed infiammazioni dell’appendice e del colon, e grassi saturi.

Va assunto sempre diluito e deve essere eliminato (assieme allo zucchero bianco e agli affettati) nei soggetti allergici o che hanno frequentemente episodi di colite, appendicite, tonsillite, faringite, otite, bronchite, asma. La salute ne guadagnerà senza alcun dubbio.

Lo yogurt è un alimento che ha delle proprietà nutritive particolari. I batteri hanno già trasformato il lattosio in acido lattico e le proteine sono già state predigerite, diminuendo così i problemi di intolleranza; inoltre la loro presenza favorisce il riequilibrio della flora batterica dell’intestino. Queste proprietà benefiche sono presenti però solo nello yogurt non zuccherato né dolcificato. Gli zuccheri aggiunti nella confezione infatti, generalmente raffinati, alterano il terreno di crescita e sviluppo dei batteri «buoni» e ne condizionano negativamente la sopravvivenza. Uno yogurt zuccherato alla frutta non è più uno yogurt, ma un dessert senza alcuna proprietà benefica e troppo ricco di zuccheri raffinati.

I formaggi sono migliori del latte, in quanto la trasformazione che subiscono in ambiente acido favorisce la predigestione delle proteine e l’eliminazione del lattosio. Tra di essi il Parmigiano è decisamente il migliore, in quanto la stagionatura favorisce lo sviluppo di enzimi che modificano le proteine ed i grassi rendendoli più digeribili; esso inoltre non contiene polifosfati, nè additivi o conservanti (come la formaldeide), presenti invece in alcuni tipi di formaggi Grana.

 

Gli oli

Sono sostanze estratte dai vegetali e normalmente dovrebbero contenere una notevole quantità di vitamine liposolubili, di acidi grassi polinsaturi ed una subordinata di grassi saturi. Dovrebbero quindi servire a migliorare la struttura e l’impermeabilità delle membrane cellulari e costituire la base per produrre gli eicosanoidi, ormoni cellulari che regolano le reazioni infiammatorie e antiinfiammatorie, diminuscono la viscosità del sangue e rendono solubile il colesterolo.

Gli acidi grassi polinsaturi, come già detto, possiedono alcuni doppi legami tra gli atomi di carbonio della loro catena ed in questi punti sono molto reattivi. Data questa loro estrema reattività, basta un lieve aumento di temperatura o una sostanza chimica perché questi doppi legami si deformino o si rompano e il grasso insaturo assuma una forma diversa da quella originaria. Esso può quindi passare da una struttura naturale «fisiologica» - tipo cis - (utilizzabile con profitto dal’organismo) ad una forma diversa non più utile - tipo trans - in quanto non può più essere incorporata nelle strutture cellulari, ma dannosa perché facilmente ossidabile. Normalmente in natura gli acidi grassi polinsaturi, proprio per questa loro facilità alla reazione, vengono accompagnati da sostanze antiossidanti naturali, come la vitamina E, che ne impediscano l’alterazione. Il trattamento industriale distrugge tutte le sostanze protettive, con il risultato che i grassi polinsaturi reagiscono nell’organismo facilitando la formazione di ossidi e radicali liberi, sostanze dannosissime alle cellule, ed una delle cause dell’invecchiamento precoce.

Tutti gli oli (ad eccezione dell’olio extravergine di oliva) sono estratti dai semi attraverso procedimenti che utilizzano alte temperature e solventi chimici (benzine, esano e trieline), decoloranti, dearomatizzanti, ecc. Questi processi industriali snaturano le proprietà degli oli, alterano le sostanze che le compongono e sono assai dannosi per la salute. La completa scomparsa degli antiossidanti naturalmente contenuti fa sì che la legge permetta di aggiungere agli oli antiossidanti di origine chimica (E304, E306, E308, E309, E311, E312, E320, E321), con ulteriori conseguenze negative per la salute.

Anche la frittura di un olio ne altera completamente le caratteristiche e lo fa diventare inutilizzabile per l’organismo. Se poi si tratta di un olio di semi il danno diventa rilevante, in quanto i grassi polinsaturi a contatto con l’aria e con il calore si trasformano in sostanze tossiche.

Gli oli normalmente reperibili in commercio vengono ottenuti mediante pressione a caldo, tra 160 e 200°C, e sono raffinati e stabilizzati. Grazie a questi trattamenti, il rendimento dei semi raddoppia e gli oli si possono vendere a prezzi più bassi. Anche la conservazione risulta facilitata: gli oli moderni, chiusi in bottiglie trasparenti, possono essere esposti in vetrina al sole senza alterarsi. Non si alterano perché non contengono più alcun elemento vitale instabile.

Ecco come vengono trattati gli oli di oliva e gli oli di semi:

PREPARAZIONE INDUSTRIALE DELL’OLIO DI SEMI

SEMI (GIRASOLE, MAIS, SESAMO, VINACCIOLO, SOIA, ARACHIDE)

macinazione (con mulini a macina o a cilindri)

spremitura (in torchi idraulici sotto pressione)

esaurimento o estrazione (estrazione per mezzo di solventi chimici quali benzine e trielina, che essendo volatili si possono allontanare per distillazione)

OLIO DI ESTRAZIONE

depurazione (allontanamento del solvente che ritorna nel ciclo produttivo)

deacidificazione (trattamento con idrossido di sodio a caldo per 30’)

decolorazione (filtrazione su carboni attivi o argille)

deodorazione (riscaldamento a 200-250°C sotto vuoto con vapor d’acqua)

demargarizzazione (trattamento a basse temperature per allontanare i grassi solidi)

OLIO DI SEMI

È perciò indispensabile alimentarsi con oli spremuti a freddo, cioè a temperature non superiori a 30° (si trovano nei negozi di alimenti naturali e dietetici). Essi irrancidiscono e si ossidano facilmente a contatto con l’aria, la luce, il calore a causa della loro abbondanza di vitamine. Sono venduti in contenitori metallici o in bottiglie di vetro molto scure, chiuse ermeticamente per garantirne la buona conservazione; una volta aperto il recipiente, è bene conservarlo in frigorifero, e cioè al freddo e al buio. È quindi utile non comprare mai confezioni troppo grosse.

Non tutti gli oli vegetali contengono gli stessi grassi insaturi; i migliori, chiamati vitamina F o acidi grassi essenziali (acido linoleico e alfa-linolenico), sono contenuti negli oli di girasole, di lino, di germe di grano e di vinacciolo 1, che ne contengono dal 50 al 70% a seconda dei raccolti. L’olio di oliva ne contiene solo il 2-8% e non serve per recuperarne le carenze fisiologiche.

Gli oli di enotera, borragine e di ribes nero sono eccezionali integratori di questa vitamina perché contengono l’acido diomo-gamma-linolenico che è la forma più pregiata direttamente utilizzabile dall’organismo.

 

PERCENTUALE DI GRASSI NEGLI OLI VEGETALI

(valori percentuali riferiti ad oli freschi, spremuti a freddo)

oli ottimi (meno del 2% di acido erucico)

LINO 20 2 15 49-54 9 basso terapeutico
ZUCCA 29 3 45 15 8 basso terapeutico
SOIA 17-31 1 42 11 15 178° anche per cottura
NOCE 28 1 50 5 16 basso terapeutico
RAPA 54 3 26 8 9 basso

oli buoni (utilizzo alimentare-terapeutico)

MANDORLA 67 1 17 0 15 insalate
GIRASOLE 15-40  0  40-74  0-1  12 190°  insalate
SESAMO 35-60  1 35-50  0.1-0.5 13 185° depurativo
MAIS 23-41 0 39-63 0.6-1.1 - 185° dolci
GRANO 25 0 59 0 16 - rigenerante
CRUSCA DI RISO 48 0 35 0 17 - -
CARTAMO 15 3 70 0 12 - -
OLIVA 63-83 4 13.5 1.0-1.5 16 157° pinzimonio

oli non buoni (uso industria alimentare)

ARACHIDI 48 8 29 0 15 202° Può contenere Fungus aflatoxin (cancerogeno)
COTONE 22 6 48 0 24 - Può contenere tossine

oli pessimi (uso industria alimentare)

PALMA 36 7 9 0 48 -
SEMI DI PALMA 13 5 2 0 80 -
COCCO 6 2 4 0 88 -

(da Commissione Tecnica Ministeriale per oli e grassi, AMKI 1993, Colgan 1993)

 

Un modo diverso ed ugualmente utile per assumere gli acidi grassi polinsaturi è mangiare i semi oleosi (ma è necessario mangiarne molti). Essi sono ricchissimi anche di vitamine ed oligoelementi e proteine, e quindi sono cibi completi ed ottimi integratori alimentari. Sono i semi di girasole, zucca, lino, sesamo, noci, mandorle, noci del Brasile, nocciole. Ovviamente è necessario provengano da coltivazioni biologiche.

Assai dannose sono le margarine: esse sono sostanze in cui i grassi originari liquidi sono stati trasformati in grassi solidi attraverso un processo chimico. La materia prima della margarina sono gli oli vegetali e animali. Normalmente quelle per uso domestico sono a base vegetale, mentre per uso industriale sono a base mista. Gli oli vegetali più usati sono quelli di colza, palma, copra, girasole, soia, mais e cotone.

Per trasformare il grasso polinsaturo liquido in solido è necessario aggiungere atomi di idrogeno che rompono i doppi legami e trasformano il grasso in trans-saturo, un grasso che non esiste in natura e del quale non si conoscono ancora bene gli effetti sul nostro organismo. L’aggiunta di atomi di idrogeno si attua tramite un processo chimico catalizzato dal nichel, effettuato a caldo e sotto pressione.

Un accenno meritano i grassi vegetali e i grassi animali presenti nei cibi confezionati industrialmente. I primi, se non specificato «non idrogenati», sono sovente margarine e quindi dannose per l’organismo, oppure oli di palma o cocco, comunque saturi. I secondi sono in genere grassi di maiale (lardo e strutto), oppure grassi di balena o pesce trattati con processi di idrogenazione.

Lo strutto è un grasso che viene comunemente utilizzato come legante negli alimenti di preparazione industriale, nel pane, nei biscotti ed in molti altri cibi. Proprio questa sua utilizzazione lo rende un «grasso invisibile», dalla cui assunzione è difficile difendersi. Esso è ottenuto con il grasso interno del maiale fuso, ma sovente si aggiungono anche parti grasse di altri animali che non riescono ad essere piazzate sul mercato alimentare.

È quindi un cibo ricco di grassi saturi, colesterolo e - in funzione del tipo di allevamento in cui sono vissuti gli animali - ormoni e antibiotici.

Meritano anche un breve accenno le merendine, i prodotti da colazione, gli snacks, che dovrebbero allietare e rendere felici e in piena forma noi e i nostri bimbi. Gli ingredienti principali sono la farina (bianca), lo zucchero (bianco), i grassi (idrogenati, animali o vegetali saturi), cui si aggiungono il latte e le uova (spesso in polvere) ed emulsionanti (E322, E471) e, più raramente, conservanti (E200/203).

Sono considerate un mini-pasto, ma sono molto squilibrate nutrizionalmente e non solo perché sono prodotte con sostanze raffinate e prive di elementi vitali, ma soprattutto perché hanno troppi grassi e troppi zuccheri; spesso il cacao e le creme o la marmellata e le glassature aumentano ulteriormente questo squilibrio.

Le patatine sono cibi troppo grassi, ricchi di sale, fritti industrialmente con oli si semi di pessima qualità: non vanno consumati se si tiene alla propria salute.

Le bibite gassate come quelle a base di cola, l’aranciata, il chinotto, per citarne alcune, non hanno alcuna utilità funzionale. Contengono troppi zuccheri, additivi e coloranti. La presenza di anidride carbonica e talora di acido fosforico, a cui si aggiunge lo zucchero raffinato, rendono queste bevande un concentrato di sostanze acide dalle proprietà demineralizzanti in grado di causare gravi squilibri alle ghiandole endocrine ed in particolare al pancreas, alla tiroide ed alle surrenali. La presenza di eccitanti, come la caffeina, può essere una delle cause dell’ipereccitabilità e iperattività dei bambini.

 

Le carni

In Italia e nei Paesi Occidentali si consuma troppa carne, soprattutto di vitello, di pollo e di maiale. Questa grande richiesta ha permesso lo sviluppo degli allevamenti senza terra o industriali, dove gli animali sono stipati in spazi ridotti, costretti ad una vita innaturale, sottoposti a trattamenti chimico-farmacologici più o meno violenti e costretti spesso a mangiare cibo che la loro natura non richiede (come gli estratti di carne o di latte in polvere per le mucche, che sono animali erbivori! 1). Anche senza arrivare a questi eccessi, per alimentare gli animali da reddito si coltiva molto mais, specie altamente inquinante che richiede grandi quantità d’acqua (20000 mc/ tonnellata di prodotto) e di prodotti chimici (90 kg per ettaro di fertilizzanti, pesticidi, erbicidi), con conseguenze assai gravi per le falde idriche e le acque potabili che risultano contenere elevate quantità di atrazina, simazina, nitrati, fosfati, piombo, ecc.

Dal punto di vista strettamente nutritivo le carni contengono, oltre che una elevata dose di proteine, una grande quantità di grassi saturi (come quelli del burro). Le carni più ricche di grassi sono le carni di maiale (quindi anche il prosciutto e il salame); segue l’agnello, la capra, il vitello e il manzo. Le carni del coniglio e dei volatili sono quelle che ne hanno minori quantità. Come percentuale si può a grandi linee affermare che essa oscilli da un 2-3% nel pollo e coniglio (che hanno una discreta quantità di acidi grassi polinsaturi) ad un 35-40% nel vitello e maiale (con quasi totale prevalenza di grassi saturi). Tali percentuali sono variabili in misura maggiore o minore a seconda del tipo di vita ed alimentazione che hanno avuto gli animali prima della macellazione; una alimentazione sana ed una vita più ruspante abbassano senza dubbio il tenore di grassi nelle carni 2. Il pesce sia magro che grasso è la fonte di carne più pregiata perché le proteine sono accompagnate da grassi polinsaturi, e quindi è assai utile all’organismo.

Poiché tutte le carni contengono una elevata quantità di purine ed aminoacidi essenziali, è necessario assumerle (specie per i bambini) ma non bisogna assolutamente abusarne. Meglio preferire il pesce, il pollo o il coniglio e alternarle a uova alla coque, formaggi magri (meglio ricotta perché più magra), noci, nocciole mandorle, legumi e cereali (questi ultimi da consumare insieme perché insieme contengono tutti gli aminoacidi essenziali come le carni).

È bene tenere presente che tutte le carni, ma specialmente quelle rosse e di maiale, sono fortemente stimolanti in quanto incrementano le funzioni metaboliche e l’attività tiroidea, e rendono il nostro organismo più efficiente nel fare fronte a qualunque emergenza. Ma l’effetto non dura a lungo e quindi si sente la necessità di assumere altra carne per ritornare nelle condizioni precedenti. Gli effetti di un abuso di carni rosse e suine sono però gravi: l’eccesso di proteine porta l’organismo nella necessità di utilizzarle come fonte energetica, e ciò provoca un accumulo di acidi organici, ammoniaca, urea ed acidi urici, dannosi alle funzioni dei reni e del fegato. La permanenza della carne nell’intestino, se non è perfettamente digerita, causa lo sviluppo di batteri di tipo putrefattivo e tossici. Si raggiunge così uno stato di tossicosi ed acidosi, che predispone a dolori di tipo articolare o nervoso e favorisce, con il tempo, le malattie tumorali.

Un piccolo accenno merita la carne di maiale, soprattutto nei suoi alimenti più consumati: gli insaccati ed i prosciutti. Essa non è un prodotto salutare sia per l’elevatissima percentuale di grassi saturi che contiene, ma anche per altri importanti fattori che vengono elencati qui di seguito:

• la carne è assai ricca di istidina, un aminoacido che, per fermentazione intestinale, si trasforma facilmente in istamina, favorendo e potenziando le reazioni allergiche;

• il virus dell’influenza tende a trascorrere l’estate nei polmoni del maiale, per cui chi consuma abitualmente la sua carne è più soggetto alle influenze;

• i tessuti del maiale contengono grandi quantità di ormone della crescita (o somatotropo), che è responsabile dello sviluppo di adiposità ai fianchi, allo stomaco ed alle cosce, ed aumenta il rischio di cancerogenità specie se associato al benzopirene delle sigarette o della «carne alla griglia»;

• c’è una sovrabbondanza di colesterolo e grassi saturi che vengono direttamente accumulati nelle cellule dell’uomo, assai simili come struttura a quelle del maiale;

• le enormi quantità di zolfo che contiene vengono depositate nei tessuti umani rendendoli flaccidi e più facilmente lesionabili;

• le proteine dei tessuti del maiale sono assai simili a quelle dell’uomo, per cui, se la carne è mal digerita, può collaborare all’instaurarsi di malattie di tipo allergico o persino autoimmune;

• i prosciutti e gli insaccati contengono, oltre a grandi quantità di sali e polifosfati, anche nitrati e nitriti, che rendono la carne di colore rosso caratteristico; questi ultimi nelle persone predisposte possono scatenare violenti mal di testa e nello stomaco si possono combinare con le ammine e formare le nitrosammine, dalle proprietà cancerogene. Solo alcuni produttori DOC sono riusciti a rendere superflua l’aggiunta di queste sostanze sostituendole con l’acido ascorbico o stagionando a lungo la carne, processo attraverso cui avviene un’«autosterilizzazione» del prodotto.

La scuola macrobiotica ritiene che l’unica carne accettabile per l’essere umano sia quella di pesce, ma non dà alcuna spiegazione comprensibile ad un occidentale di questa regola. In realtà si è osservato che le caratteristiche dei cibi animali diventano tanto più indigeste e pericolose quanto più l’animale è evolutivamente vicino all’uomo. Per averne la prova basta osservare il contenuto di grassi dei vari gruppi di alimenti, e le caratteristiche delle loro proteine:

Animali (dal meno evoluto  verso il più evoluto)  Contenuto in grassi Caratteristica delle sue proteine Note
saturi insaturi polinsaturi
pesci          
anfibi (rane)          
uccelli (volatili, galline, anatre, tacchini)          
mammiferi (agnello, capra, mucca)          
maiale          
scimmia          
uomo          

 

Le uova

L’uovo viene comunemente accusato di favorire l’ipercolesterolomia e di affaticare il fegato. Contiene effettivamente una grande quantità di colesterolo, ma ha anche una elevata quantità di lecitina (un notevole regolatore del livello del colesterolo e dei grassi nel sangue) e colina (un protettore epatico). È ricco di calcio, fosforo, ferro, potassio, cobalto, vitamina B12, rame ed ha quindi un elevato valore nutritivo. Tuttavia esistono anche alcuni rischi collegati al tipo di cottura ed alle funzioni epatiche di chi se ne nutre. Nell’albume è presente una antivitamina, l’avidina, che distrugge la biotina (vitamina H); se l’uovo viene cotto alla coque, con il tuorlo che rimane crudo e l’albume rappreso, l’avidina viene disattivata, il colesterolo viene regolato dalla lecitina e la colina agisce per proteggere il fegato rendendo disponibili numerosi elementi minerali tra cui il ferro. Ma se si cuoce l’uovo con frittura o al burro, viene distrutta la lecitina e la colina e si generano squilibri tra i vari componenti alimentari dell’uovo; ne risulta una sostanza carica di colesterolo e ricca di grassi saturi ed indigesti (sia quelli dell’uovo che quelli dell’olio o del burro alterati per la cottura), che provocano un aggravio di lavoro non indifferente per il fegato.

 

I legumi

Sono i fagioli, le lenticchie, i piselli, le fave, gli azuki, i ceci e la soia. Essi contengono numerose proteine di buona qualità, grassi insaturi, ma anche fibre ed amido, che mancano negli altri alimenti proteici. Sono assai ricchi di purine (basi azotate) e quindi sono dei ricostituenti generali, specie per il sistema immunitario; vanno però limitati per gli artritici e i gottosi, che tendono ad accumulare acidi urici nel sangue. Contengono tuttavia anche sostanze proteiche di difficile digestione e - soprattutto se secchi - importanti fattori antivitaminici e tossici (acido fitico, laetrile e composti contenenti acido cianidrico), per cui vanno sempre lasciati in ammollo per 12-24 ore al fine di permettere il loro allontanamento nella soluzione ed impedire che si abbiano manifestazioni intestinali quali fermentazioni, gonfiori e meteorismo.

Uno dei metodi migliori per disattivare le sostanze tossiche ed indigeribili presenti nei legumi è di farli germogliare, tenendoli in un recipiente con del cotone inumidito al buio per qualche giorno, e quindi cucinarli. Con questo accorgimento sono molto digeribili e contengono, oltre alle proteine (alcune delle quali pre-digerite dalla germinazione) ed ai grassi, le vitamine e gli oligoelementi che si mobilizzano durante questa fase (clorofilla, vitamine del gruppo B, vitamina C, magnesio, manganese, ecc.).

 

Le verdure

Esse contengono una grande quantità di fibre, hanno una elevata concentrazione di vitamine e minerali e sono ricche di enzimi e di sali alcalini, che mantengono il pH del sangue su valori normali. La loro azione è efficace solo se sono state coltivate biologicamente, senza l’aggiunta di fertilizzanti chimici o peggio diserbanti e pesticidi.

Il valore nutritivo delle verdure viene mantenuto solo se vengono cucinate nel modo corretto, in quanto le vitamine sono molto instabili e i sali minerali molto solubili. Per questo motivo questi cibi andrebbero il più possibile consumati crudi, ma se li si cuoce si deve tenere presente che:

• temperature elevate e mantenute a lungo disattivano le vitamine e fanno perdere al cibo il suo valore (ad esempio la cottura al forno);

• la bollitura in acqua bollente porta in soluzione tutti i sali e le vitamine, per cui se buttiamo via l’acqua di cottura, si elimina ciò che ci serve e si tengono solo le fibre. Nel passaggio dal cibo all’acqua si deforma o si altera la struttura delle vitamine e queste perdono gran parte del loro valore. Se si mette a bollire il cibo in acqua fredda la perdita è superiore all’80%, se in acqua bollente si riduce del 20-30% (dipende dal vegetale).

• la cottura nel forno a microonde sembra disattivare gran parte delle sostanze utili presenti nelle cellule vegetali.

La soluzione migliore è perciò la cottura al vapore con poca acqua e per il tempo più breve possibile.

Attenzione tuttavia a non esagerare con le verdure ricche di acido ossalico e di solanina. L’acido ossalico - contenuto negli spinaci, pomodori, barbabietola, acetosella, rabarbaro - aumenta il rischio di dolori reumatici e riduce l’assimilazione dei minerali. La solanina è un alcaloide tossico presente in tutte le solanacee (patata, pomodoro, melanzana, peperone); la sua concentrazione però può essere pericolosa solo se non sono ben mature, oppure se sono germogliate (i germogli della patata).

 

La frutta

Anche il frutto è un alimento alcalinizzante, ricco di zuccheri semplici, vitamine e minerali, acidi organici, fibre, ma va consumato solamente crudo e lontano dai pasti. Lo zucchero principale della frutta è il fruttosio, che non richiede insulina per essere metabolizzato, ed è perciò ben tollerato sia dai diabetici, sia dai soggetti che hanno squilibri glicemici.

Non tutti i frutti hanno le stesse proprietà e vi sono alcuni gruppi, soprattutto gli agrumi e la frutta acida (ribes, mirtilli, kiwi, ecc.) che sono troppo ricchi di acidi organici. La loro acidità li rende molto digeribili e nutrienti per soggetti robusti, costituzionalmente forti, mentre può causare qualche problema di demineralizzazione in individui magri, deboli e freddolosi.

 

CONSIGLI DIETETICI

La nostra alimentazione porta ad assumere cibi troppo raffinati, spesso troppo vecchi e privati dei fattori vitali (farina bianca, pane bianco e zucchero raffinato), oli estratti a caldo o con solventi chimici (esano, trielina, benzine, ecc.), sovrabbondanza di grassi non adatti e insufficienza di grassi indispensabili, eccessi di carne e proteine animali. Mancano i cibi utili contenenti fattori vivi e vitali, come i cereali integrali, sotto forma di pane o in chicchi, gli oli extravergini e spremuti a freddo, una quantità sufficiente di verdura e di frutta biologiche.

È stato osservato che il nostro sistema immunitario si attiva come se fosse in presenza di una infezione quando si inizia il pasto con un alimento cotto e soprattutto con la carne od il latte UHT (leucocitosi alimentare), mentre non vi è quasi alcuna variazione se si inizia il pasto con una verdura od un cereale intero. Una alimentazione abituale di questo genere favorirà infezioni ed allergie. Se si vuole riguadagnare la salute o mantenerla ecco alcuni consigli:

• Ridurre o abolire il burro e altri grassi saturi (latticini e carni rosse e di maiale).

• Usare farine integrali (di origine biologica) e non farine bianche, oppure chicchi di cereali integrali biologici. Tenere presente che anche la farina integrale dopo 15 giorni dalla sua macinazione perde quasi tutti i suoi fattori vitali e vitaminici.

• Abolire lo zucchero bianco (sostituirlo con miele, zucchero di canna integrale, malto di riso o d’orzo).

• Ridurre a 1-2 volte la settimana il consumo di carne, specialmente di maiale (insaccati e prosciutti soprattutto), e preferire carni bianche e pesce, più ricchi di grassi polinsaturi.

• Abolire gli oli vegetali industriali.

• Ridurre o abolire i fritti; si deve tenere presente che l’alterazione dell’olio durante la frittura è ancora più tossica se viene a contatto con le farine o lo zucchero.

• Eliminare cibi industriali, che contengono conservanti, coloranti, additivi, che normalmente (con alcune rare eccezioni) sono sostanze tossiche e servono principalmente per nascondere la cattiva qualità degli alimenti all’origine.

• Comprare verdure biologiche e consumarle crude o cuocerle al vapore per mantenere il più possibile intatto il loro patrimonio di vitamine e oligoelementi; evitare di bollirle a lungo e di buttare poi via l’acqua e cuocerle se possibile con la buccia (ad esempio le patate).

• Nel preparare i cibi cercare di non mescolare latte con altri alimenti, specie se proteici (metodo comunemente usato nella preparazione di intingoli vari). Infatti il latte a contatto con l’acidità dello stomaco caglia e «avvolge» particelle di cibo; queste non possono essere digerite e giungono nell’intestino, dove vengono utilizzate dai batteri di tipo putrefattivo ed alterano la flora batterica.

• Prendere in dosi minime, o se malati non prendere affatto, sostanze eccitanti come il tè, caffè e cioccolato, perché danno dipendenza fisica ed alterano gravemente l’equilibrio metabolico, aggravando la condizione di acidosi organica. Se proprio non se ne riesce a fare a meno, il tè è sicuramente meglio del caffè 1. Quest’ultimo infatti contiene alcaloidi e metilxantine, che nell’organismo producono tossine e radicali liberi. Il cioccolato, oltre a contenere sostanze eccitanti, zucchero raffinato e grassi, racchiude sostanze che influiscono sulla produzione organica di serotonina, un regolatore dell’umore, e quindi dà dipendenza ancora maggiore.

La scelta di cibi biologici è necessaria perché non contengono sicuramente alcun residuo di pesticidi, ma soprattutto perché il loro valore nutritivo è enormemente superiore a quello dei cibi coltivati in modo intensivo. Si riporta un confronto tra il contenuto in vitamine e minerali di alcuni prodotti a coltivazione chimica e biologica (su 100 g di peso secco):

  Coltivazione chimica  Coltivazione biologica
FRUMENTO    
Vitamina B1 (mg)  451.7  941.0
Vitamina B2 (mg) 120.0 268.0
Nicotinamide (mg) 54.8  89.6
SPINACI    
Ferro (mg) 19  1584
Rame (mg) 5  32
Manganese (mg) 1 117
POMODORO    
Calcio (mg) 4.5 23
Magnesio (mg) 1 68
Potassio (mg) 58.8 148
Sodio (mg) - 6.5
Manganese (mg) 4.5 59.2
Cobalto (mg) - 0.63
Ferro (mg) 1 10.4
Rame (mg) - 53

(da Incaminato, 1988)

 

Normalmente all’affermazione che è necessario comperare biologico, viene opposta l’obiezione che non si è sicuri che i prodotti siano coltivati biologicamente e che hanno solamente un costo maggiore senza alcuna garanzia. È vero che hanno un costo maggiore (la coltivazione biologica è meno produttiva ed ha scarti maggiori), ma è falso che la coltivazione biologica non sia garantita. Esistono delle associazioni, costituite da agricoltori e commercianti, che certificano che il metodo di coltivazione e di produzione sia effettivamente biologico, privo cioè di pesticidi, diserbanti ed additivi chimici. Alcune tra esse sono la Bioagricoop, AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica), Demeter (Associazione coltivazione con metodo biodinamico), Consorzio per controllo dei prodotti biologici, Suolo e Salute, AQB (Associazione Qualità Biologica), AgriEcoBio, V.S.B.L.O. (Organismo di controllo internazionale per l’agricoltura biologica).

Esiste anche un altro tipo di agricoltura nella quale viene ridotto e correttamente regolato (ma non eliminato) l’uso di pesticidi; essa viene definita «agricoltura integrata» e garantisce che non siano presenti residui nocivi nella verdura e nella frutta (le quali però hanno un contenuto di elementi nutritivi minore). Alcuni marchi sono: Prodotti natura Melaverde, Progetto Lotta Integrata, Prodotti con Amore, Dal Trentino Naturalmente, Alto Adige (con coccinella).

Anche le carni possono essere prodotte da animali che si alimentano con cibi controllati e privi di antibiotici ed ormoni. I marchi di controllo sono: CO-AL-VI, Razza piemontese, Cinque Erre, Carni Bovine DOC.

 


 

CAP. 5
REGOLE PER UN’ALIMENTAZIONE SANA

 

ESEMPIO TIPICO DI ALIMENTAZIONE

Ecco un esempio di alimentazione considerata «normale» e quindi ritenuta in grado di mantenere la salute ed il benessere fisico.

Al mattino tè o caffè zuccherato, latte caldo o addirittura bollito, con pane, burro e marmellata o biscotti. Questa è definita «colazione completa»; tuttavia non contiene alcun alimento crudo e quindi è solo piena di calorie «vuote». Il latte, considerato un alimento completo, era già stato impoverito dalla pastorizzazione; l’ulteriore cottura lo ha privato di quasi tutti i principi nutritivi che ancora possedeva riducendolo ad un cibo contenente solo proteine e grassi saturi. Questi ultimi neutralizzano nell’intestino l’abbondanza di calcio formando con esso saponi insolubili che vengono espulsi con le feci. L’associazione con il caffè rende molto laboriosa la digestione.

A mezzogiorno ci si alimenta con pasta bianca o riso brillato, carne, salumi e formaggi, patate e verdure cotte o crude e in insalata, di solito condite con oli industriali, frutta cruda o cotta e dolci vari. Dal punto di vista calorico questo pasto potrebbe essere sufficiente, ma la qualità e quantità di verdura cruda o cotta e la mancanza di cereali integrali, fa sì che si assumano proteine e grassi inadeguati ed in eccesso, senza controbilanciare questo apporto con vitamine e oligoelementi. Per digerire i carboidrati e le proteine sono necessarie le vitamine del gruppo B, presenti soprattutto nel germe dei cereali: l’assunzione di calorie «vuote», con troppe proteine e grassi, provoca solamente un impoverimento delle già scarse risorse in vitamine. L’assunzione di frutta e dolci dopo il pasto causa una sosta «forzata» degli zuccheri (altrimenti rapidamente assimilabili) nello stomaco e nella prima parte dell’intestino con conseguenti fenomeni di fermentazione (lo zucchero si trasforma in alcol e anidride carbonica), che provocano da un lato disturbi digestivi, dall’altro l’assunzione indiretta di alcolici (non previsti) che agiscono sul fegato e, alla lunga, lo intossicano.

Questa alimentazione può ancora peggiorare considerando le abitudini di chi si reca ogni giorno al lavoro e svolge attività sedentaria. Dopo la colazione del mattino, costituita solamente da una tazzina di caffè molto zuccherato con o senza un po’ di latte, bevuta rapidamente, si fanno una o più soste durante la mattinata per consumare cappuccino, brioches e dolciumi e altri caffè. Il pranzo può essere consumato al bar, mangiando panini con vari tipi di companatico (nei casi migliori mozzarella e pomodoro o tonno e carciofini, ma normalmente prosciutto, con nitrati e polifosfati, o toast con sottilette, ricche di grassi saturi e sostanze chimiche); immancabile il dolce a fine pasto e il caffè. Se si ha la mensa nel luogo di lavoro si consuma normalmente un primo, assai condito con vari tipi di salsine, carne di manzo o di maiale, prosciutti, formaggi grassi, verdure fritte o cotte nel burro o nell’olio industriale dopo aver soffritto i gusti; e si termina con dolce o caffè.

Il pomeriggio se si è ancora sul luogo di lavoro si consumano altri caffè o dolciumi, altrimenti non si prende nulla, oppure si beve il tè con pasticcini o biscotti o dolciumi vari. Sono solo eccitanti e grassi o calorie vuote di valore nutritivo nullo o scarso. La sera si consuma minestra con pasta bianca o minestra di verdura stracotta, salumi, formaggi, avanzi del pasto di mezzogiorno, talora verdure cotte e dolci. Anche questo pasto è privo di fattori vitaminici e oligoelementi ed è troppo ricco di grassi. Inoltre una seconda razione di carne è superflua per chi non si muove molto durante la giornata.

Per mantenersi in buona salute è necessario mangiare di meno, modificando il rapporto tra catalizzatori (vitamine e oligoelementi) e calorie (zuccheri e grassi) a favore dei primi, e reintrodurre fra le nostre abitudini almeno sette ore la settimana di attività all’aria aperta (non necessariamente di sport che richiedano sforzi fisici intensi, ma anche solo brevi passeggiate).

La sedentarietà provoca una riduzione dell’afflusso di ossigeno alle cellule dei tessuti, per cui si ha una diminuzione della velocità di ossidazione dei cibi con un accumulo di grassi, tossine ed acidi organici nel sangue. L’aumento di peso che ne deriva induce una crescita del fabbisogno di vitamina F (acidi grassi polinsaturi), e l’eccesso di grassi saturi impedisce l’assorbimento dei minerali e consuma le riserve di lecitina per la loro digestione (e per produrre lecitina l’organismo ha bisogno di colina e inositolo e vitamina F).

L’attività all’aria aperta consente una migliore ossigenazione e quindi una più completa combustione degli alimenti e stimola la crescita dei tessuti.

 

SUGGERIMENTI PER UNA NUOVA ALIMENTAZIONE

Per raggiungere e mantenere la salute è un fattore assai importante non solo il cibo che si assume, ma anche come lo si cucina. Come vedremo nel prossimo capitolo, anche il cibo migliore e più ricco può essere un veleno se cucinato nel modo sbagliato, perché si possono formare sostanze tossiche e mal digeribili che hanno conseguenze nefaste.

Si possono fornire alcuni suggerimenti in questa sede, affinché si possa scegliere il modo migliore per cucinare un cibo. Questi sono i consigli:

• Cucinare al vapore, con pentole che abbiano il cestello apposito (soprattutto le verdure) usando pochissima acqua, oppure con le pentole che hanno un’intercapedine da riempire d’acqua (tipo le vaporcontrol) che permettono di cucinare con una temperatura costante al di sotto dei 100°C.

• Se si usano gli oli per cuocere (è meglio di no), usarli solamente nelle pentole vaporcontrol che danno più sicurezza per quanto riguarda la temperatura di cottura, oppure miscelarli con acqua.

• Le torte ed i dolci sono più che permessi, a patto che vengano consumati fuori dai pasti principali, a colazione o a merenda; sarebbe meglio se nell’impasto, al posto dell’uovo o del latte, si utilizzasse per amalgamare il succo di uva o di mela, o altro succo ottenuto per mezzo della centrifugazione del frutto. Anche altri cibi non dolci possono essere preparati utilizzando per amalgamare, al posto dell’uovo o del latte, succo centrifugato di verdura.

• Non cuocere mai il latte, né tantomeno portarlo ad ebollizione. La pastorizzazione lo ha già reso povero di vitamine, e l’ulteriore cottura ne annullerebbe quasi totalmente il valore nutritivo. Se i gusti lo permettono, sostituirlo con lo yogurt (non alla frutta!) che contiene, grazie ai batteri, numerose vitamine del gruppo B. Non consumare mai il latte UHT; è un alimento senza alcun valore nutritivo perché tutte le vitamine sono andate distrutte, ed affatica il sistema digerente.

Ecco alcuni suggerimenti per organizzare pasti nutrienti e energetici nell’arco della giornata.

a) Al mattino

Questo pasto deve essere il più importante di tutta la giornata e deve contenere tutti i principi nutritivi utili. Il mattino è il momento migliore per il nostro organismo, in cui tutti gli organi funzionano meglio perché si sono riposati la notte, e quindi è in grado di digerire con facilità.

Si suggerisce un tè leggero (o una tisana) e della crema Budwig preparata secondo la ricetta della dott. Kousmine:

«Sbattere in una tazza 3-4 cucchiai di yogurt o formaggio bianco magro (tipo ricotta) e 2 cucchiaini da caffè di olio di girasole spremuto a freddo o di olio di germe di grano 1 fino a ridurli in crema. Aggiungere il succo di mezzo limone, un cucchiaino di miele (oppure una banana matura schiacciata), due cucchiaini da caffè di semi oleosi appena macinati (a scelta: lino, girasole, sesamo, mandorle, noci o nocciole ecc.), tre o più cucchiaini da caffè di cereali integrali appena macinati e crudi (a scelta: avena, orzo mondo, riso integrale, grano saraceno, ecc. 2) e frutta fresca di stagione a seconda dei gusti.

Per macinare i semi oleosi e i cereali usare un piccolo macinacaffè elettrico. Il recipiente che contiene le lame rotanti deve essere abbastanza robusto da reggere all’impatto dei cereali (metallo e plastica spessa). L’olio deve essere sbattuto energicamente finché non è emulsionato e scompare completamente nello yogurt o nel formaggio. In tal modo perde il sapore, non è più riconoscibile ed è facilmente assimilabile.

Questa crema è un pasto crudo, naturale, composto unicamente di prodotti freschi. Il rapporto tra vitamine e oligoelementi e calorie è particolarmente favorevole. Questo piatto dà sazietà per molto più tempo rispetto alla prima colazione tradizionale e generalmente rende superflui gli spuntini delle 10. Alla crema aggiungere frutti di tutti i tipi e di stagione, variando a seconda dei gusti. È un piatto squisito».

Chi soffre di stipsi deve preferire il lino agli altri semi oleosi, e l’avena agli altri cereali, mentre le persone delicate, soggette a diarree, prenderanno i semi di girasole e le mandorle fra i semi oleosi e il riso integrale o il grano saraceno fra i cereali.

Una alternativa a questo alimento, anche se con inferiore valore nutritivo, può essere il consumo di yogurt o latte crudo con cereali in fiocchi (non fiocchi di cereali prodotti industrialmente!), semi oleosi e frutta secca o fresca con un po’ di miele.

In determinati periodi dell’anno lo yogurt o il formaggio fresco non sono graditi. Si può perciò sostituire la crema Budwig con «il latte di soia», ricco di proteine e minerali (contiene meno calcio del latte di mucca, ma anche meno grassi saturi e più ferro e provoca molte meno reazioni di intolleranza). Tuttavia poiché il latte di soia ha un gusto non sempre gradevolissimo, si può preparare una bevanda squisita unendo in parti uguali il latte di soia ed il latte di riso - una bibita prodotta dai chicchi di riso - dal sapore molto dolce e delicato. Per aumentare la piacevolezza del gusto si possono utilizzare bevande di soia o di riso aromatizzati alla carruba, alla vaniglia ed anche, perché no, al cacao. Si possono aggiungere a piacere muesli o fiocchi di cereali, e frutta a pezzetti.

Se non si vuole riunuciare al latte è bene assumerlo sempre senza caffè e diluito con acqua in un rapporto di almeno 1:1.

b) A mezzogiorno

Si consiglia di mangiare verdura cruda in insalata mista condita con olio di girasole (ricco di acidi polinsaturi) e oliva extravergine e/o succo di limone o aceto di mele, oppure consumare verdure e patate cotte a vapore il meno possibile, prima di ogni altro cibo. Le verdure crude o poco cotte contengono una discreta quantità di enzimi, che preparano l’organismo alla successiva digestione delle proteine.

Alla verdura può seguire un piatto di pasta o riso integrale, condita con olio crudo o salse leggere, oppure direttamente il piatto di proteine. In questo caso si può assumere fegato (per chi lo sopporta) 1 o pollo o pesce (magro è meglio) cotti al forno o al vapore. La cottura alla griglia può essere pericolosa perché è molto facile che il fuoco che si sviluppa dai grassi che si liquefanno e cadono sulla brace carbonizzi parte del cibo provocando lo sviluppo di sostanze ad azione fortemente cancerogena. È bene quindi cuocere alla griglia solo il pesce (che ha le sue scaglie come protezione), non aggiungendo mai il condimento prima della cottura. Il condimento, anche in questo caso, deve essere aggiunto a crudo dopo la cottura stessa. Al posto della carne si può mangiare formaggio (meglio se magro), preferibilmente fresco e di pasta tenera, oppure un uovo alla coque, oppure mangiare in associazione legumi e cereali integrali od anche solo semi oleosi, ricchi di proteine.

L’aspetto più importante è consumare tutti i giorni cereali integrali (almeno 3-4 cucchiai), interi o spezzati o macinati di fresco, cotti nella minestra o in altri piatti, sotto forma di crema o di bistecche vegetali 1.

Chi è costretto a mangiare tutti i giorni alla mensa del lavoro è bene che non consumi i cibi proposti, ma si accontenti di un primo in bianco a cui aggiungerà i condimenti che si è portato da casa (sono necessari l’olio di girasole o extravergine di oliva, il pesto fatto in casa, l’olio aromatizzato con peperoncino e aglio e/o rosmarino e l’aceto di mele). Ad esso potrà aggiungere verdure crude, carne di manzo (non di maiale!) o formaggi magri.

c) A merenda

Mangiare frutta cruda, eventualmente frutta secca o noci, e bere succhi di frutta appena spremuti. È bene ricordare che i dolci reperibili in commercio sono preparati con «grassi vegetali», zucchero raffinato e farina bianca priva delle sue vitamine naturali, e che tali materie prime apportano soltanto calorie vuote (a cui bisogna aggiungere gli emulsionanti, stabilizzanti, aromi naturali ecc.). Si possono anche mangiare biscotti e torte fatti con farine integrali e «grassi vegetali non idrogenati» (senza latte o con poche uova aggiunte nell’impasto), acquistabili nei negozi di dietetica o confezionati in casa.

d) Alla sera

Il pasto della sera deve essere consumato il più presto possibile, deve essere leggero, senza carne e con poche proteine (a meno che si abbia una attività fisica intensa), concepito in base agli stessi principi di quello di mezzogiorno. Se, come capita sovente, il pasto di mezzogiorno non può essere altro che uno spuntino (ma dovete cercare di cambiare abitudini), si può eventualmente fare una cena a base di proteine, ma appena arrivati a casa, ossia possibilmente non dopo le sei e mezzo, sette di sera.

Quando alla mattina non si ha appetito, è perché il pasto della sera era troppo abbondante o è stato consumato troppo tardi ed affrettatamente, per cui il fegato ne ha risentito negativamente.

La quantità di succhi digestivi richiesta da un pasto abbondante è di circa due litri. La sera si è stanchi della giornata trascorsa e non si è nelle migliori condizioni per compiere un ulteriore sforzo, per cui mangiando troppo o troppo tardi la digestione avviene lentamente e in modo imperfetto. Si crea un divario tra il ritmo lento della digestione e l’avanzamento troppo veloce del cibo nel tubo digerente: una parte degli alimenti pertanto non riesce ad essere assimilata e costituisce un ottimo nutrimento per i batteri intestinali putrefattivi o fermentativi, che si moltiplicano e causano malessere, meteorismo, sonno agitato e tormentato da incubi, lingua ricoperta da una patina beige o bianca, alito cattivo e mancanza di appetito ed alla lunga un sovraffaticamento del fegato e del pancreas, preludio ad uno stato di malattia.

Gli individui sedentari hanno bisogno generalmente di due pasti principali al giorno: uno al mattino e l’altro a mezzogiorno. Solo gli addetti a lavori di fatica fanno eccezione alla regola. Le persone anziane per rimanere in buona salute alla sera devono accontentarsi di una cena molto frugale, per esempio di una minestra di cereali, o un frutto o uno yogurt.

 

SCHEMA SU COME SI PUÒ CAMBIARE ALIMENTAZIONE

Cibi da eliminare | sostituire con

Bere almeno 1 - 2 litri di liquidi al giorno lontano dai pasti

Friggere e soffriggere.

Microonde.

Alla griglia.

 

L’ALIMENTAZIONE DISSOCIATA E LE MONODIETE

Sovente capita che persone malate sebbene cambino alimentazione non ottengano buoni risultati, ma persistano i problemi di cui pativano prima di alimentarsi in modo sano. Questo significa che gli enzimi secreti dalle ghiandole digestive sono ancora insufficienti a garantire una buona assimilazione; talora esistono dei problemi di intolleranza alimentare che si trascinano da tempo e permangono anche in seguito alla modifica dell’alimentazione. Infatti la mucosa intestinale potrebbe essere talmente infiammata da non tollerare neanche i cibi potenzialmente sani.

In questi casi è bene iniziare 2-7 giorni di monodieta (dieta a base di un unico alimento) o, se ci si sente, digiuno, in modo da dare tempo all’organismo di fare riposare i suoi organi digestivi e riparare i danni.

Le monodiete possono essere a base di uva, mele, limone, fragole, ciliege (soprattutto per i più robusti e calorosi), mentre si suggeriscono monodiete a base di riso o cerali integrali, ananas, carote, ricotta, semi oleosi (soprattutto girasole) per i soggetti magri, stanchi e freddolosi.

Dopo la monodieta si può ricominciare ad alimentarsi, preferendo per un certo tempo la dieta dissociata, che permette di continuare a non affaticare eccessivamente l’organismo. Essa è abbastanza semplice da seguire nelle sue regole generali, in quanto non si devono mescolare i cibi proteici, soprattutto carnei, con i cereali e cibi farinacei. Se le proteine contengono una elevata quantità di grassi possono essere utilizzate insieme ai carboidrati. La frutta deve essere presa fuori dai pasti e soprattutto la frutta acida che disorganizza la digestione dei cereali.

Tutte le volte che si è in precarie condizioni di salute o malati, la monodieta, il digiuno o la dieta dissociata sono fortemente consigliati. Essi permettono al corpo di dedicare tutta la propria energia a combattere l’infezione impedendo che questa si disperda in una digestione troppo laboriosa o difficile.

 

  


Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione del testo in qualsiasi forma senza permesso dell’editore, salvo nel caso di citazioni o di recensioni, purché quanto in esse riportato sia conforme all’originale e se ne citi la fonte.

Ritorna alla pagina iniziale

Magnanelli Edizioni

Via Malta, 36/8 - 10141 Torino

Tel. 011-3821049 - Fax 011-3821196