M. L. Gharote
Guida alle pratiche yoga

 


 

INDICE

 

PREFAZIONE

 

INTRODUZIONE

Reale significato dello Yoga

Lo Yoga nelle sue diverse espressioni

Benefici dello Yoga

Che cosa bisogna fare

Il primo passo: esposizione dei cinque componenti dello Yoga

Preparazione agli âsana

Consigli per la pratica

 

GUIDA PRATICA

Iniziazione alle pratiche Yoga

Yama

Niyama

Âsana

Prânâyâma

Kriyâ

Concentrazione

Bandha e mudrâ

Ciò che è opportuno conoscere sull'idoneità fisica e sulla salute

II concetto di salute nello Yoga

 

ÂSANA, BANDHA, MUDRÂ

1. Svastikâsana (posizione della prosperità)

2. Ardha-padmâsana (posizione del mezzo loto)

3. Vajrâsana (posizione della folgore)

4. Brahma-mudrâ (mudrâ di Brahmâ)

5. Simha-mudrâ (mudrâ del leone).

6. Jihva-bandha (pressione della lingua)

7. Parvatâsana (posizione della montagna)

8. Ardha-halâsana (posizione del semi-aratro).

9. Naukâsana (posizione della barca)

10. Viparîta-karani (posizione rovesciata).

11. Sarvângâsana (posizione di tutte le membra)

12. Shîrsâsana (posizione sulla testa)

13. Matsyâsana (posizione del pesce)

14. Halâsana (posizione dell'aratro)

15. Bhujangâsana (posizione del cobra)

16. Ardha-salabhâsana (posizione della semi-cavalletta)

17. Shalabhâsana (posizione della cavalletta)

18. Dhanurâsana (posizione dell'arco)

19. Vakrâsana (posizione di torsione)

20. Ardha-Matsyendrâsana (posizione di Matsyendra)

21. Pashcimatanâsana (posizione di stiramento posteriore

22. Supta-vajrâsana (posizione della folgore, supina)

23. Tolângulâsana (posizione della bilancia)

24. Utkatâsana (posizione della fierezza)

25. Mayûrâsana (posizione del pavone)

26. Kukkutâsana (posizione del gallo)

27. Bakâsana (posizione della gru)

28. Yoga-mudrâ (mudrâ dello Yoga)

29. Vrkshâsana (posizione dell'albero)

30. Cakrâsana (posizione della ruota)

31. Uddiyâna-bandha (sollevamento del diaframma)

32. Makarâsana (posizione del coccodrillo)

33. Shavâsana (posizione del cadavere)

 

KRIYÂ

34. Agnisâra (contrazione addominale)

35. Naulî (isolamento dei muscoli retti addominali)

36. Kapâlabhâtî (il mantice)

37. Jala-netî (lavaggio nasale)

38. Sûtra-netî (pulizia delle vie nasali)

39. Danda-dhautî (lavaggio dello stomaco)

40. Vastra-dhautî (pulizia dello stomaco)

 

PRÂNÂYÂMA

41. Anuloma-viloma (respirazione alterna)

42. Ujjâyi (il vittorioso)

 

CONCENTRAZIONE

43. Concentrazione sul respiro

44. Concentrazione con mantra

 

 
  


 

PASSI SCELTI

 

INTRODUZIONE

 

REALE SIGNIFICATO DELLO YOGA

II termine Yoga è molto antico: nei tempi passati era usato nell'accezione di “unire molte cose”, dalla radice sanscrita yuj: questo termine compare tuttora in molti dialetti indiani e nella lingua hindî con il significato di “la somma di tutto”. Viyoga è l'opposto e indica separazione. Quando parliamo di Yoga nel contesto delle tecniche e pratiche che coinvolgono la mente e il corpo, oppure di Yoga in quanto filosofia o dottrina, non usiamo la parola Yoga nel senso di “unione”. Yoga ha infatti due accezioni: quella antica, non tecnica, con un'implicazione più vasta di “mettere assieme” e una più recente, di “controllo della mente”, come pure di “stabilità mentale”, frutto di tale controllo. È necessario ricordare che esiste una grande differenza tra questi due significati. La confusione sorta attorno ad essi è tanto più evidente se si scorre la letteratura Yoga, secondo la quale Yoga è unione con Dio, oppure unione dell'anima individuale con l'anima universale. In entrambi i casi si tratta di interpretazioni approssimative, in quanto, la filosofia Yoga si fonda sul fatto che ogni individualità si realizza nell'integrazione e non nell'unione o nella fusione con qualcosa: tuttavia, volendo parlare di “unione”, possiamo dire che lo Yoga è autentica unione con noi stessi. È questo il significato della parola svarûpa.

 

LO YOGA NELLE SUE DIVERSE ESPRESSIONI

Lo Yoga è un'unica disciplina, anche se esistono diverse tecniche che assumono denominazioni diverse:

Laya Yoga, che conduce all'ascesi attraverso la meditazione: richiede devozione e grande forza di volontà. Si divide in quattro branche:

1. Bhakti Yoga, o parte devozionale;

2. Shakti Yoga, basato sull'energia cosmica e sul dominio delle forze della natura;

3. Mantra Yoga, basato sulle vibrazioni di suoni che apportano energia agli organi interni;

4. Yantra Yoga, basato sull'utilizzazione dei simboli geometrici rappresentanti l'unione del mondo personale con il mondo impersonale. Serve da sostegno alla meditazione.

Dhyâna Yoga, o meditazione.

Dhâranâ Yoga, o concentrazione.

Râja Yoga, basato sulla consapevolezza dei differenti processi di concentrazione. Consente di discernere il vero dal falso. Comprende:

1. Jnâna Yoga, o Yoga della conoscenza, non attraverso l'intelletto. Dona allo yogin la chiarezza e l'ordine mentale assoluto, nonché la padronanza verbale.

2. Karma Yoga, basato sul dominio dell'attività quotidiana disgiunta da ogni fine personale; porta al controllo delle azioni senza l'aspettativa di risultati immediati o futuri.

3. Kundalinî Yoga, basato sul risveglio della forza psico-fisica localizzata alla base della colonna vertebrale; conduce al dominio sui centri di forze misteriose e cioè sulle zone da cui questa energia scaturisce.

4. Samâdhi Yoga, basato su una concentrazione che porta lo yogin a identificarsi con l'oggetto della sua contemplazione, autentica estasi dovuta allo sviluppo di un'acuta capacità d'intuizione.

Hatha Yoga: da trent'anni a questa parte la conoscenza dello Yoga si è estesa in tutto il mondo ed ha acquistato vasta popolarità soprattutto per quanto concerne lo hatha-yoga, che consente di acquisire il controllo del corpo e dona vitalità. Lo hatha-yoga comprende le tecniche respiratorie note come prânâyâma, attraverso le quali il fisico e la mente sono uniti dal prâna.

Lo Yoga è paragonabile a un albero con tanti rami, di cui le ramificazioni rappresentano solo una parte. Lo Yoga è l'albero della vita e come la vita non può essere codificato. Volerlo rinchiudere in formule o schemi è privarlo della sua vitalità, è fare di una cosa viva una cosa morta.

Lo Yoga è vita e per comprenderlo occorre viverlo ogni giorno.

È chiaro che nessuna di queste forme dello Yoga è del tutto indipendente dalle altre; di fatto i vari Yoga si intersecano fra loro. Essi abbracciano il pensiero, il sentimento, la sensazione e l'intuizione, funzioni che caratterizzano la psicologia umana.

Sviluppando queste funzioni abbiamo:

Jñâna: pensiero e ragione;

Bhakti: sentimento o impulso emozionale;

Hatha: sensazione o impulso istintivo;

Râja o Samâdhi: intuizione.

Nessuno di questi Yoga può essere indipendente dagli altri; non è possibile sviluppare un fattore senza che gli altri ne risentano, così come non possiamo suddividere l'uomo in settori, anche se è di norma ciò che accade. Conoscere il proprio “sé” equivale, attraverso la consapevolezza del proprio pensiero, del proprio sentimento, delle proprie sensazioni, ad essere in grado di dirigere l'intuizione o “intelligenza”, che non è quella conoscitiva, formata sui banchi di scuola o nel corso della vita, bensì l'intelligenza che è creazione continua e che governa tutto.

Ogni uomo affronta nel vivere quotidiano dei problemi, siano questi fisici o psichici, che hanno delle inevitabili ripercussioni sul comportamento, sul carattere, sull'attività professionale e sull'equilibrio personale nel suo complesso.

La componente che quindi accomuna i vari Yoga si può riassumere in: a) eliminazione dei fattori di disturbo che alterano il meccanismo mentale, b) equilibrio per ciò che concerne i problemi della vita, c) atteggiamento imparziale e distaccato nelle azioni della vita. Queste sono le qualità di uno yogin. La loro applicazione nella vita quotidiana può assumere diverse forme; per questa ragione esistono diverse forme di Yoga, ma tutte conducono allo stesso obiettivo.

 

BENEFICI DELLO YOGA

In tutti i tempi lo Yoga ha sempre esercitato una grande attrazione su quegli individui (a dir vero molto pochi), i quali sono in grado di staccarsi dalla mondanità per avviarsi sul cammino dell'introspezione. Nel mondo dello Yoga (inteso quale modo di vita) una volta intrapreso il cammino è necessario liberarsi da certe consuetudini legate alla famiglia e alla società.

Anche se oggi lo Yoga si propone all'uomo comune per i suoi aspetti terapeutici in contrapposizione alla vita frenetica e caotica caratteristica della società moderna, questi aspetti non costituiscono che una minima parte dei benefici che lo Yoga è in grado di apportare all'individuo. L'autentico valore della disciplina Yoga è infatti da ricercarsi nella sua capacità di eliminare l'ignoranza (avidyâ) e opporsi al turbinio della mente.

 

CHE COSA BISOGNA FARE

Le pratiche Yoga interessano un campo assai vasto. Esistono centinaia di posizioni, svariate tecniche di respirazione, processi di purificazione (kriyâ), divieti, prescrizioni e metodiche di controllo della mente.

L'intera vita può non essere sufficiente per apprendere tutte le pratiche Yoga correttamente. Per questa ragione ognuno deve trarre dallo Yoga ciò che gli necessita e applicarlo nella vita di tutti i giorni. Per l'aspirante yogin è positivo tutto ciò che porta ad una maggiore consapevolezza delle funzioni vitali e ad una migliore efficienza nell'azione. Secondo la tradizione indiana esistono quattro finalità:

Dharma: buona condotta in relazione alla propria costituzione psico-fisica;

Artha: acquisizione dei giusti mezzi per vivere;

Kâma: soddisfacimento dei bisogni primari;

Moksha: liberazione dalle necessità, dai desideri, dagli istinti.

Prima di giungere alla liberazione è necessario conseguire la consapevolezza per quanto concerne il nutrimento attraverso il cibo, l'aria, l'acquisizione delle impressioni attraverso gli organi di senso, la coscienza e la padronanza dei movimenti e delle azioni, dell'attività sessuale, del sonno.

Per raggiungere la liberazione si può cominciare con il semplificare la propria vita, armonizzare ed equilibrare le funzioni vitali, alimentarsi senza far ricorso ad aperitivi o digestivi, muoversi con libertà, amare con spontaneità, dormire senza sonniferi.

Se nell'uomo non vi è un perfetto stato di salute, se non cessano i conflitti e le paure, non è possibile passare allo stadio detto di liberazione. È necessario imparare innanzitutto a:

1. Tacere, il che non vuoi dire solo non esprimersi verbalmente, ma anche essere perennemente vigili, coscienti delle funzioni del proprio corpo, sia per quanto concerne le funzioni involontarie quali la circolazione, la respirazione, le immagini mentali, le emozioni ecc. Rendersi consapevoli significa assumere una posizione nella quale tutti i nervi e tutti gli organi non avvertano alcuna compressione, torsione o tensione.

2. Respirare in modo corretto, attraverso i vari esercizi: respirazioni addominali, toraciche, clavicolari e respirazioni complete, e divenire coscienti delle diverse fasi del processo respiratorio.

3. Essere consapevoli, nelle posizioni statiche o dinamiche (âsana, bandha, mudrâ), dei loro effetti sulla circolazione, sull'eliminazione dei blocchi, sulle funzioni del sistema endocrino, sul controllo dei muscoli involontari ecc.

4. Ottenere il rilassamento. Lo Yoga risana e redime il corpo, la mente e il cuore, ed è la disciplina propedeutica per la trasformazione e la liberazione finale. È bene che l'aspirante yogin cominci la disciplina per un'autorieducazione (decondizionamento) facendo un esame della propria situazione.

 

IL PRIMO PASSO: ESPOSIZIONE DEI CINQUE COMPONENTI DELLO YOGA

È necessario addentrarci nei particolari per descrivere con chiarezza ad una mente occidentale, e in forma non dogmatica, le “regole” di base per praticare correttamente lo Yoga secondo gli insegnamenti classici. Esse sono:

1. Yama: regole di equilibrio sociale;

2. Niyama. regole di igiene mentale e fisica;

3. Âsana: posizioni fisiche;

4. Prânâyâma: consapevolezza della forza vitale attraverso il respiro all'interno del nostro corpo;

5. Pratyâhara: distacco dai condizionamenti dei sensi.

Queste sono cinque delle otto tappe per ottenere, attraverso L'Ashtânga-yoga, l'integrità della propria individualità. L'individuo frammentato non è un individuo integro. Etimologicamente, infatti, la parola “individuo” deriva da indivisibile, ossia unitario. Nessuno, salvo rarissime eccezioni, può progredire senza la pratica e la completa assimilazione, attraverso la consapevolezza, delle otto fasi dello Yoga. È perciò necessario considerare innanzitutto queste cinque parti fondamentali per passare poi alle tre successive.

Molti autori e insegnanti sono tuttavia di opinione differente per quanto concerne queste componenti.

La Daksha Smrti ne menziona sei: prânâyâma, dhyâna (contemplazione), pratyâhara (distensione di ogni muscolo ed organo attraverso il ritrarsi della coscienza), dhâranâ (concentrazione), trâtaka (fissare lo sguardo su di un punto), samâdhi (coscienza superiore).

Un altro testo, il Vishnu Purâna, accenna anch'esso a sei tappe: âsana, prânâyâma, pratyâhara, dhâranâ, dhyâna, samâdhi.

Anche per quanto riguarda yama esistono versioni diverse. Secondo il Bhâgavata Purâna, gli yama sarebbero dodici: ahimsâ (non violenza), sattya (veridicità), asteya (non rubare), asanga (non attaccamento), lajjâ (rispetto), aparigraha (non accumulare), brahmacarya (continenza), mauna (osservare il silenzio), sthairya (fermezza), kshama (perdono), abhaya (assenza di paura).

Secondo la Parâsara-Samhitâ sarebbero invece dieci: non violenza, dire il vero, non rubare, continenza, capacità di dimenticare, fermezza, compassione, rettitudine, moderazione nel mangiare, purezza di mente e di corpo.

Nella Hathayoga-pradîpikâ sono previsti dieci niyama: austerità, appagamento, fede nei Veda, nell'lo superiore e in Dio, carità, preghiere a Dio, seguire le prescrizioni degli antichi testi, essere timorosi, comprendere, adempiere ai sacrifici.

Quelle che noi descriveremo nei dettagli sono le cinque componenti descritte dal grande saggio Patañjali: yama, niyama, âsana, prânâyâma, pratyâhâra.

Yama e niyama forniscono le basi per ottenere il controllo dei fattori di disturbo. In niyama vi sono le premesse per una corretta osservazione del proprio comportamento nei confronti degli altri; questa diretta conoscenza ci aiuta a meglio comprendere le abitudini radicate e i nostri comportamenti.

Una tale osservazione è l'inizio della trasformazione. Quando non siamo presi nell'ingranaggio delle emozioni, la parte cerebrale assume il controllo degli impulsi che provengono dall'esterno e dall'interno. La razionalità della mente riduce l'intensità degli impulsi, li domina, e fa sì che il sistema nervoso funzioni senza distorsioni. In questo non vi è nulla di nuovo. Le pratiche Yoga, antiche di migliaia di anni, lo hanno dimostrato e lo dimostrano. L'uomo è divenuto tale solo attraverso il processo di autocontrollo. Tutto ciò che noi chiamiamo civilizzazione o cultura non è altro che il prodotto di questo processo. L'animale agisce e reagisce attraverso gli impulsi. Le miserie, i conflitti esistenti oggi nel mondo sono il risultato di questi impulsi innati che l'uomo non è riuscito a dominare, ma da cui è dominato.

Per aumentare la consapevolezza universale il nostro intelletto di per sé non è sufficiente, come è dimostrato dall'evidenza dei fatti: nonostante l'alto livello d'istruzione raggiunto in tutto il mondo e la creazione di istituzioni che operano per prevenire la miseria e la guerra, miseria e guerre non solo continuano ad affliggere l'umanità, ma sono in continuo aumento.

Quindi l'“intelligenza”, intesa come accumulo di cognizioni, non è sufficiente per liberare l'uomo dalle miserie, pur procurandogli benessere economico, fama, potere e così via.

La psicoanalisi, da Freud, Jung, Adler e via via gli altri, fino ai giorni nostri, ha indagato la psiche dell'uomo nel tentativo di sviscerare le cause del problema. Freud ha detto: “Possiamo insistere quanto vogliamo nel definire l’intelletto umano debole nei confronti dei suoi istinti, e siamo nel giusto nell’asserire ciò, ma tuttavia esiste qualcosa di particolare in questa debolezza: la voce dell’intelletto è sì una voce flebile, ma non più tale se si conquista l’ascolto. Se, malgrado tutto ciò che succede all'uomo, l'ascolto si attua, questo diventa la voce”.

Soltanto quando si è dominati dal super-ego, in entrambe le sue forme di conscio o inconscio, occorre esercitare una repressione con le inevitabili conseguenze psico-fisiche. Ma può l'ego educare la mente, facendo esso parte della mente a causa dei disturbi? L'ego e il super-ego, di fronte alle sfide continue della vita, entrano in conflitto: di qui la necessità di controllare questo conflitto.

II conflitto nasce quando due necessità sono ugualmente forti e si oppongono l'una all'altra. Il conflitto crea tensioni interne che disturbano l'armonia del corpo nelle sue funzioni fisiche e in quelle mentali. Il conflitto divide e sottrae unitarietà alla mente. Secondo lo Yoga queste tensioni interne sono il fattore primario della diminuzione di resistenza e del disequilibrio dei vari sistemi del corpo.

 

PREPARAZIONE AGLI ÂSANA

Dopo yama e niyama, al terzo posto nel curriculum Yoga, troviamo gli âsana o “posizioni corporee”, L'osservanza di yama e niyama è un prerequisito essenziale per il buon esito degli âsana. Nello Yoga Shâstra viene sottolineata in modo inequivocabile l'interdipendenza tra corpo e mente. L'influenza della mente sul corpo è molto più marcata che non l'influenza del corpo sulla mente ed è per questa ragione che nel curriculum Yoga yama e niyama precedono gli âsana.

Coloro che si avvicinano allo Yoga appartengono generalmente a due differenti tipologie: alcuni cercano un beneficio fisico, altri un beneficio spirituale.

La pratica degli âsana assicura, in entrambi i casi, un perfetto funzionamento del sistema nervoso e di quello endocrino. Le posizioni particolari effettuate ai fini della sola meditazione apportano principalmente un beneficio alle attività mentali.

Tuttavia il vecchio detto “mente sana in corpo sano” è ancor oggi valido. Dagli yogin indiani ci vengono proposte molte posizioni fisiche che esercitano un'influenza positiva anche sulla mente e sullo spirito, oltre a mantenere il corpo in salute, e non sono esclusivamente rivolte agli specialisti, bensì, come sostiene Svâmî Kuvalayananda, a tutta l'umanità.

Tali pratiche sono il frutto di uno studio iniziato nella notte dei tempi e che continua tuttora per offrire una soluzione alle necessità ricorrenti degli esseri umani.

Attraverso la pratica - e solo attraverso questa - l'uomo può trarre vantaggio dalle tecniche Yoga per accrescere la propria salute, felicità e longevità.

Una buona seduta Yoga deve svolgersi in un locale adeguatamente riscaldato nella stagione fredda. Il corpo non deve essere coperto da troppi indumenti; gli yogin indiani indossano semplicemente un perizoma. Se ne abbiamo la possibilità dedichiamo una camera esclusivamente alle sedute Yoga e alla meditazione. Nessuno dovrebbe entrare in questa stanza se non per praticare Yoga. In questo locale si creerà così un'atmosfera spirituale che favorirà grandemente la pratica. Sarà bene che il pavimento sia coperto da una moquette o da un tappeto, e le pareti siano spoglie. Sono inoltre necessari una stuoia e un telo per isolare dal pavimento. La stanza sarà possibilmente dotata di due finestre per assicurare una buona ventilazione. Un amplificatore servirà per ascoltare della buona musica indiana.

Gli âsana e il prânâyâma devono essere praticati nella massima concentrazione: tutti i fattori di disturbo devono essere accuratamente evitati, pertanto non è consigliabile che la pratica avvenga all'aperto. Durante il prânâyâma, l'aria sulla pelle rende difficoltosa la concentrazione sul movimento pranico interiore. Gli âsana abbinati con il prânâyâma fanno sì che le giunture siano più flessibili, gli arti ben proporzionati, l'addome e i fianchi più sottili. Tutto il corpo assume proporzioni più armoniche, irrobustendosi. Il sistema nervoso si tonifica, il potere digestivo aumenta, il fegato si disintossica più facilmente, così pure la milza e l'intestino. L'energia vitale (prâna) e gli organi di senso sono sotto controllo e la nostra posizione meditativa potrà così protrarsi per ore senza provocare alcun senso di affaticamento. La circolazione sanguigna migliora e l'energia vitale viene potenziata dalla pratica; le eventuali alterazioni sono curate.

Un corpo sano è longevo, e la vecchiaia non è un peso: la mente e il corpo rimangono efficienti, una gioia duratura permea tutto l'essere.

Le posizioni sono molto importanti per mantenere una salute positiva in tutto il corpo fisico, mentale e spirituale. Tuttavia, per sperimentare i benefici del prânâyâma è essenziale che la posizione sia mantenuta a lungo.

 

CONSIGLI PER LA PRATICA

È consigliabile, ma non obbligatorio, far precedere gli esercizi Yoga da un bagno con acqua tiepida. Favorisce la circolazione del sangue e irrora le diverse parti del corpo che così risultano più sciolte.

Le pratiche Yoga si devono eseguire in uno stato psichico di rilassamento e non di agitazione.

Gli âsana devono essere praticati a stomaco vuoto (almeno un'ora e mezza

dopo un normale pasto, dopo cinque ore nel caso di un pasto abbondante); in caso contrario qualche parte delicata o sensibile potrebbe risentirne, e invece di trarre beneficio dalla pratica ne avremmo svantaggio. Anche d'inverno, prima degli âsana occorre evitare l'assunzione di bevande.

Al mattino gli âsana devono essere praticati dopo aver provveduto all'igiene personale e aver liberato l'intestino.

Non è bene mangiare immediatamente dopo la pratica Yoga. Molti benefici vanno perduti poiché il sistema nervoso è ancora sotto pressione. La colazione del mattino deve seguire la pratica di almeno mezz'ora; meglio ancora sarebbe bere un bicchiere di latte, o acqua calda con succo di mezzo limone e, a parte, un cucchiaino di miele vergine.

Durante le pratiche Yoga deve essere evitato qualsiasi movimento violento a carico degli arti.

Gli âsana sono “processi statici di stiramento” e devono eseguirsi in modo lento e dolce al fine di poter mantenere la posizione per un certo periodo di tempo con il minimo dispendio di energie e non sotto sforzo. Gli âsana hanno lo scopo di tonificare, non di debilitare: questo deve essere sempre tenuto a mente. La sensazione generale deve essere di rinvigorimento e di benessere che pervade tutto il corpo.

La fretta deve essere assolutamente evitata: occorre considerare il tempo a disposizione e fare il programma della seduta âsana/prânâyâma in funzione di questo. Se il tempo a disposizione è poco, anche due o tre posizioni possono essere sufficienti, oppure una seduta di solo rilassamento purché eseguita nella maniera appropriata. è consigliabile iniziare l'apprendimento, anziché dai testi, sotto la guida di un maestro esperto.

Cominciare sempre la seduta con posizioni facili; una volta che le articolazioni si saranno riscaldate, si potrà proseguire con posizioni più complesse. Non si dovrebbe avvertire alcun senso di indolenzimento a carico degli arti e delle giunture dopo una seduta Yoga; tuttavia è probabile che il principiante, non sapendo ancora come rilassarsi, dopo aver assunto la posizione, mantenga i muscoli in tensione. Ciò è dovuto ad un meccanismo molto semplice: egli si preoccupa mentalmente di eseguire la posizione, anziché cercare di capire la motivazione per la quale assume quella postura. Sono comunque sufficienti alcune sedute per familiarizzarsi con la pratica, e i dolori scompaiano.

Per ottenere il massimo beneficio dallo Yoga è necessario tenere a mente che in alcuni âsana il respiro è trattenuto a polmoni pieni e in altri a polmoni vuoti, mentre in altri ancora il respiro è regolare. Per ottenere un particolare tipo di beneficio regoleremo di conseguenza il nostro respiro. Per esempio: se sarà necessario riscaldare il corpo, si userà per l'inspirazione la narice destra, espirando da quella sinistra. Viceversa, se si vorrà rinfrescare l'organismo, utilizzeremo la narice sinistra per inspirare e quella destra per espirare. Si tratta di particolari importanti, per ottenere il massimo beneficio.

Se vi è traspirazione durante la seduta, potremo asciugare il corpo con un telo di spugna.

La seduta di Yoga deve terminare con il rilassamento (shavâsana, o posizione del cadavere) protratto almeno per cinque minuti.

La sequenza e il tempo degli âsana non sono rigorosi, ma dipendono dalle capacità individuali. È buona norma rilassarsi ogni qualvolta ci si sente affaticati e il ritmo respiratorio è più accelerato del solito.

Il momento migliore della giornata per la pratica degli âsana è il mattino (in inverno, la sera). Le ore migliori, sia al mattino sia alla sera, sono dalle 5 alle 7. Nella stagione invernale la seduta del mattino può essere protratta fino alle 8. Le ore della pratica devono essere fisse, tenendo conto del clima e della stagione. Al nord, in inverno, la seduta del mattino può essere eliminata, lasciando solo quella della sera. Ciò vale anche per chi è obbligato a coricarsi tardi.

Nella seduta della sera gli âsana si eseguono più facilmente, data la maggiore elasticità dei muscoli rispetto al mattino, ma gli âsana del mattino sono più efficaci.

Esistono delle sequenze di posizioni che variano da scuola a scuola. La serie che noi vi proponiamo è quella adottata presso il Kaivalyadhama di Lonavla, che è stata studiata scientificamente da una équipe di medici. Sia che la pratica dello Yoga avvenga al mattino, sia alla sera, l'ordine dovrà essere sempre il seguente: prima gli âsana con yoga-mudrâ, quindi i bandha e successivamente le kriyâ, in ultimo il prânâyâma. kapâlabhâtî dovrà considerarsi parte del prânâyâma.

Se un esercizio viene tralasciato, ciò non va a discapito dei benefici della pratica Yoga.

Uddiyâna, naulî, kapâlabhâtî e ujjâyi si devono praticare al mattino nelle sequenze che daremo. Uddiyâna e kapâlabhâtî dovranno essere evitati da chi soffre di disturbi cardio-respiratori.

Kapâlabhâtî e ujjâyi dovranno essere eseguiti non solo dopo l'evacuazione ma possibilmente dopo un bagno tiepido e vanno praticati in padmâsana o siddhâsana.

Uddiyâna e naulî possono essere praticati prima dell'evacuazione da coloro che sono costipati. Prima di eseguire naulî, è consigliabile bere un bicchiere di acqua tiepida con un pizzico di sale, poiché stimola l'evacuazione. Gli âsana possono essere praticati da uomini e donne di tutte le età, dai 10 ai 70 anni.

In presenza di malattia o di stati febbrili è necessario innanzitutto curare il disturbo e successivamente praticare gli âsana, non fare il contrario, ossia praticare gli âsana per ottenere la guarigione.

Le donne in gravidanza non devono praticare o tentare posizioni che possono danneggiare o influenzare la salute del nascituro. In questo caso, è necessario consultare un maestro di Yoga che sia anche un ginecologo.

Durante il periodo mestruale è meglio evitare di praticare gli âsana.

Gli âsana e il prânâyâma dovranno essere praticati da persone in buona salute o soltanto con qualche lieve disturbo.

Chi ha subito delle fratture deve evitare posizioni difficili, particolarmente, se interessano gli arti fratturati.

Le persone anziane dovranno evitare tutte le posizioni difficili. Nell'anziano la circolazione sanguigna si riduce, i muscoli diventano più flaccidi e le giunture sono più rigide. Vanno assolutamente evitati gli sforzi, al fine di non causare dolori agli arti in conseguenza dell'irrigidimento degli stessi. Le posizioni difficili devono essere evitate anche dai ragazzi; infatti, essendo le loro articolazioni non ancora completamente formate, esiste il rischio di malformazioni. Ma per tutti coloro il cui corpo è nella piena maturità le posizioni “difficili” sono consigliate: anzi, saranno benefiche.

Non esistono controindicazioni tra esercizi muscolari propri di altre tecniche e lo Yoga, tuttavia è bene non praticarli uno dopo l'altro, ma lasciar trascorrere un intervallo di almeno un'ora.

 

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GUIDA PRATICA

 

INIZIAZIONE ALLE PRATICHE YOGA

Lo Yoga è un'antica disciplina dal fulgido passato. I reperti archeologici di Mohenjo-Dâro ne testimoniano l'antichità delle origini. L'importanza dello Yoga ai fini dello sviluppo spirituale è stata universalmente riconosciuta attraverso i secoli.

La disciplina dello Yoga è passata attraverso varie fasi e nel corso degli anni sono emerse varie scuole e si sono evolute diverse tecniche. Ogni singola scuola ha posto l'enfasi su pratiche specifiche, ma il fine ultimo comune a tutte le scuole rimase essenzialmente il controllo dei processi della mente.

Alcune scuole adottano tecniche che si rivolgono direttamente alla mente, altre impiegano il corpo come tramite per entrare in contatto con i processi mentali. L'approccio alla mente risulta più facile attraverso la mediazione del corpo, di conseguenza, le pratiche che fanno leva sul corpo godono di maggior favore.

Le tecniche o pratiche descritte nella letteratura Yoga e tramandate nelle diverse tradizioni, possono essere classificate nei seguenti gruppi: a) âsana, b) prânâyâma, c) bandha e mudrâ, d) kriyâ, e) concentrazione.

Ogni gruppo consiste di diverse pratiche. Oltre a questi gruppi dobbiamo menzionare yama e niyama che sono una sorta di auto-restrizione e codici di comportamento aventi lo scopo di costituire un adeguato substrato per le pratiche Yoga: yama e niyama sono considerate parte essenziale di una qualsiasi routine di Yoga seppure su scala ridotta.

 

YAMA

1. Ahimsâ: consapevolezza che ogni pensiero è discriminante e può causare violenza nell'azione diretta e indiretta.

Ahimsâ è consapevolezza della violenza e della non-violenza, che è l'opposto della violenza.

2. Satya: la “verità” non condizionata o semplicemente la “sincerità”.

3. Asteya: astenersi dal rubare, mentalmente e materialmente.

4. Brahmacarya: osservare il celibato, inteso come illibatezza, purezza. Pertanto può applicarsi anche all'individuo che abbia un coniugo o una compagna, purché al sesso venga riservato il giusto ruolo.

5. Aparigraha: astenersi dall'accumulare, dal possedere più del necessario.

 

NIYAMA

1. Sauca: purezza, pulizia fisica e mentale.

2. Santosa: essere soddisfatti, non proiettare mentalmente altre situazioni al di fuori di quelle che si vivono al momento presente.

3. Tapas: autodisciplina, adottare uno stile di vita che non disturbi il proprio organismo.

4. Svâdhyâya: istruirsi attraverso opere di letteratura che siano di guida verso l'autorealizzazione.

5. Îshvarapranidhâna: consapevolezza o adattamento alle circostanze.

L'allievo che si sia autodisciplinato e si sia staccato dagli effimeri desideri mondani e sia solo (non che viva in solitudine, ma che sia autosufficiente), è pronto per proseguire nel cammino della conoscenza:

 

ÂSANA

Ristabiliscono l'equilibrio nel sistema neuromuscolare e tonificano i muscoli. Non si tratta esclusivamente di esercizi fisici anche se sono eseguiti con il corpo fisico, bensì di esercizi che apportano tranquillità alla mente. Possono pertanto essere definiti pratiche psico-fisiche. Gli âsana sono classificati in tre categorie:

a) Âsana meditativi: sono posizioni assise che mantengono l'organismo in condizione di stabilità e confort.

b) Âsana fisici: sono posizioni nelle quali avvengono processi di stiramento utili per tonificare la muscolatura del corpo. Sono indicate per dare elasticità alla spina dorsale, irrobustire i muscoli dorsali e stimolare gli organi addominali e del torace, mantenendoli in perfetta efficienza. Si possono praticare da seduti, proni o in piedi.

c) Âsana di rilassamento: sono eseguiti generalmente in posizione sdraiata e servono a rigenerare l'organismo. Sono essenzialmente due (shavâsana o “posizione del cadavere” e makarâsana o “posizione del coccodrillo”) e rilassano, oltre al corpo, anche la mente.

Gli âsana formano la base per proseguire nelle pratiche dello Yoga e contribuiscono ad uno stato di benessere generale.

 

PRÂNÂYÂMA

Sono le pratiche mediante le quali si ottiene il controllo degli impulsi della respirazione. Attraverso il graduale controllo delle fasi inspiratorie ed espiratorie si attua la ritenzione temporanea del respiro. La tecnica essenziale del prânâyâma consiste nel trattenimento conveniente del respiro. Nello stadio iniziale della pratica, tuttavia, si omette completamente la fase della ritenzione e l'accento è posto sul controllo degli atti inspiratori ed espiratori. Ciò consente di attuare la pratica in tutta sicurezza, escludendo ogni ipotetico rischio che potrebbe derivare da un'esecuzione del prânâyâma condotta in maniera impropria.

L'attività respiratoria è fondamentale per il funzionamento psico-fisico dell'individuo e costituisce uno dei principali canali del flusso delle correnti nervose autonome. Attraverso il controllo esercitato sul sistema nervoso autonomo, il prânâyâma influenza le funzioni mentali. È potenzialmente una tecnica preliminare per le pratiche Yoga superiori, come la meditazione. Le tre fasi del controllo dell'inspirazione, dell'espirazione e della ritenzione del respiro sono rispettivamente conosciute con le denominazioni tecniche di pûraka, recaka e kumbhaka.

Si conoscono molte varianti di prânâyâma. In questo testo tratteremo le due più importanti. Si è volontariamente omessa la fase della ritenzione del respiro, considerando che il presente manuale si rivolge al principiante piuttosto che all'esperto: pur tuttavia sarà bene ricordare che quando si sia acquisita sufficiente pratica nel controllo degli atti inspiratori ed espiratori è possibile praticare la ritenzione.

 

KRIYÂ

Si tratta di processi di purificazione specifici i quali possono essere . suddivisi in sei classi. Per questa ragione sono denominati sat-kriyâ. Essi sono: dhautî, basti, netî, trâtaka, naulî, kapâlabhâtî. Ognuno di questi a sua volta ha delle sottosezioni.

Le kriyâ possono essere classificate: 1) a seconda del sistema di pulizia, 2) a seconda della regione purificata.

I mezzi impiegati sono: a) aria, b) acqua, c) frizioni, d) movimenti manipolatori.

Le kriyâ hanno un alto valore terapeutico. La loro pratica apporta una maggiore adattabilità ai tessuti che formano i diversi organi interni in condizioni di situazione mutevole, e un aumento della soglia di reattività. Sembra che questo risultato sia da attribuirsi alle reazioni del sistema nervoso autonomo e propriocettivo. Il controllo volontario viene stabilito attraverso inibizioni dei riflessi, durante kriyâ quali danda-dhautî, vastra-dhautî, attraverso stimolazioni dei riflessi in gajakarani o attraverso il controllo volontario del vomito. La pratica delle kriyâ si rivela di particolare utilità laddove è necessario ripristinare l'equilibrio psico-fisiologico.

 

CONCENTRAZIONE

La pratica della concentrazione comporta un intero, speciale e particolare processo, mediante il quale l'individuo fissa la propria attenzione o consapevolezza su di un singolo oggetto, suono, concetto o esperienza.

Secondo la tradizione il fine di questa pratica è la meditazione.

Esistono molte tecniche di concentrazione che non sono legate a una particolare religione. La concentrazione, erroneamente detta meditazione, è stata infatti a lungo considerata come una pratica necessaria in tutte le confessioni religiose. Ogni individuo può adottare la propria tecnica di concentrazione, indipendentemente dal credo di appartenenza. La meditazione è un proseguimento del processo di concentrazione a livelli diversi.

Recentemente in molti paesi europei, e più ancora negli Stati Uniti, la concentrazione è stata accolta entusiasticamente da un largo numero di persone, come una risposta allo stress della vita moderna. La tecnica di concentrazione che è diventata popolare in Occidente, conosciuta come Meditazione Trascendentale (MT) di Maharshi, è una forma di concentrazione con mantra.

Non vi sono dubbi che la concentrazione sia in grado di esercitare una notevole azione calmante. Tuttavia, non sempre è consigliabile praticare la concentrazione senza farla precedere da un'adeguata preparazione attuata attraverso la pratica di âsana e prânâyâma.

Anche la semplice pratica di una selezionata routine di âsana e prânâyâma permette di conseguire buoni risultati dalla concentrazione.

Nella gerarchia delle pratiche Yoga, la concentrazione occupa una posizione di maggior rilievo rispetto alle altre pratiche. Tuttavia, occorre ricordare che tutte le pratiche Yoga sono complementari le une alle altre e ogni pratica contribuisce in maggiore o minor grado al raggiungimento dell'effetto finale.

 

BANDHA E MUDRÂ

Queste pratiche si attuano attraverso il controllo cosciente di certi muscoli semi-volontari e involontari. In questi muscoli si verifica un'integrazione del rifornimento del sistema nervoso centrale ed autonomo. Nel portare questi muscoli sotto controllo volontario, viene stimolata l’attività del sistema nervoso autonomo che funziona totalmente. I bandha e le mudrâ tonificano gli organi interni, li decongestionano e stimolano le loro funzioni. Una distinzione viene fatta tra i bandha e le mudrâ impiegati nelle tecniche di prânâyâma. Le mudrâ usate nel prânâyâma normalmente prendono il nome di bandha perché convogliano una peculiare attività nervosa in un punto o direzione specifica. Uddiyâna-bandha è uno dei più significativi.

Le mudrâ presentano delle analogie con molti âsana. Tuttavia non tutti gli âsana si possono definire mudrâ. Le mudrâ hanno una loro specificità proprio negli effetti.

 

CIÒ CHE È OPPORTUNO CONOSCERE SULL'IDONEITÀ FISICA E SULLA SALUTE

1. Salute e idoneità fisica non sono fattori statici, bensì hanno carattere costantemente mutevole. Esse seguono “la legge dell’uso e del disuso”.

2. Salute e idoneità fisica variano a seconda dell'età, sesso e occupazione.

3. Salute e idoneità fisica possono essere mantenute solo attraverso esercizi accuratamente selezionati.

4. Tale programma di esercizi può variare da individuo a individuo.

5. È necessario tenere sempre presenti i propri limiti nel praticare gli esercizi prescelti.

6. Non è tanto il numero quanto la qualità della prestazione che è importante.

7. Salute e idoneità fisica dipendono principalmente dalle condizioni della colonna vertebrale e dall'attività degli organi vitali situati nella cavità toracico-addominale, e non dalla muscolatura.

8. L'efficienza dei muscoli che determinano la salute degli organi dipende dal tono muscolare, che dovrebbe essere ottimale.

 

IL CONCETTO DI SALUTE NELLO YOGA

II concetto di salute (ârogya) nello Yoga, si estende in egual misura sul piano fisico e su quello mentale, con particolare riferimento a quest'ultimo. Possiamo tradurre il significato di ârogya con “assenza di disturbo”. Corpo e mente nello Yoga sono due aspetti di un'unica entità, in comunicazione tra loro attraverso il prâna, o energia vitale.

Etimologicamente la parola Yoga significa integrazione: integrazione della personalità sotto tutti gli aspetti: fisico, mentale, spirituale. Tutto ciò che è di impedimento all'integrazione o ce ne allontana viene considerato un ostacolo. Non si riscontra nella letteratura Yoga la concettualizzazione del termine salute, con tutte le implicazioni che siamo abituati ad attribuirvi. Troviamo invece descritti i disturbi che sono di impedimento al raggiungimento dell'integrazione o samâdhi e le tecniche o metodi per superarli.

Patañjali, il grande saggio e codificatore degli Yoga-sûtra, ci dà il seguente schema:

 

 

Leggendo lo schema di Patañjali, riscontriamo che i disturbi (vikshepa) possono essere ereditari o acquisiti, e sono responsabili della disintegrazione della personalità. Essi si manifestano sotto forma di quattro sintomi: dolore e tristezza, scoraggiamento, tremori, aritmia respiratoria. Le tecniche che lo Yoga ci mette a disposizione per combattere questi disturbi sono: yama e niyama, âsana, prânâyâma. Se la situazione ambientale e sociale di fatto può risultare immutabile, come ci si deve comportare? L'individuo deve sviluppare una maggiore capacità di adattabilità e resistenza psicofisica in modo da rinforzare le difese nei confronti dell'ambiente. Patañjali, nei suoi Yogasûtra, esprime un concetto olistico di salute e integrazione del microcosmo uomo con il macrocosmo, proponendo un modo di vivere secondo i principi di yama e niyama e la pratica di determinate tecniche quali âsana e prânâyâma. Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il concetto di salute si estrinseca in benessere fisico, mentale e sociale, e non nella semplice assenza di malattia o infermità, come siamo propensi a credere. Normalmente quando non siamo malati diciamo di essere sani, ma la salute comprende l’intero organismo nelle sue parti e non significa semplicemente assenza di malattia.

II benessere è già qualcosa di più della semplice assenza di malattia: è un atteggiamento vitale che porta alla felicità. A parole, credo, vorremmo tutti essere felici, ma quanti di noi sono disposti a indirizzare le loro energie per il raggiungimento della felicità?

Secondo lo Yoga l'organismo, per funzionare efficientemente, ha bisogno di movimento. Ma il semplice movimento non è sufficiente per ottenere l'assenza di malattia o benessere. Ci muoviamo continuamente, eppure siamo soggetti ad ammalarci, e questo si riscontra anche tra i giovani e gli sportivi: ciò significa che nel movimento che facciamo manca qualcosa, qualcosa che lo Yoga può darci. Secondo la concezione occidentale, esercizio fisico significa muovere le varie parti del corpo. Ma se facciamo meccanicamente degli esercizi, questi non servono al raggiungimento della salute. Ogni movimento deve avere una sua finalità. Chiunque, sia che lavori nei campi o in una fabbrica, o sia impiegato in un ufficio, per compiere il suo lavoro fa del movimento. Se corriamo per prendere un autobus, non è la stessa cosa che fa l'atleta nel tentativo di raggiungere un record. Solo quando ci si impegna in certi movimenti al fine di rivitalizzare o tenere in efficienza i diversi organi del corpo, il movimento si può chiamare esercizio. Se al mattino facciamo una passeggiata o una corsa, e lo scopo è quello di mantenersi in salute, allora la passeggiata o la corsa diventerà un esercizio. L'esercizio comprende movimenti fisici e psichici.

L'educazione fisica è basata su differenti attività che coinvolgono il movimento. Possiamo pensare a un esercizio senza movimenti? Negli ultimi anni sono stati studiati alcuni esercizi che non ne richiedono: i cosiddetti esercizi isometrici, ossia privi di movimento, che tuttavia vengono chiamati esercizi in quanto apportano benefici al corpo. Lo Yoga può quindi essere considerato un esercizio? Intendo per Yoga le varie tecniche. Le posture o posizioni sono statiche e Patañjali le definisce con due parole: “stabilità e comodità”. Tecnicamente possiamo definirle esercizio? Se associamo al concetto di esercizio quello di movimento, non lo sono, ma, dal punto di vista del beneficio della salute, lo sono, avendo lo scopo di contribuire alla efficienza ed alle funzioni dei vari organi.

La salute dipende da due fattori vitali:

a) la flessibilità e la forza della colonna vertebrale;

b) il funzionamento armonico ed efficiente degli organi situati nella cavità toracica e addominale.

Ritornando agli esercizi delle attività ginniche, degli sport e di tutte quelle discipline che vengono definite fisiche, troveremo che queste mettono in rilievo la muscolatura del corpo piuttosto che la vitalità degli organi. Ed è proprio in quest'ultima parte che lo Yoga diventa determinante ai fini della salute, poiché le attività dello Hatha-yoga rivolgono una particolare attenzione a tutti i movimenti della colonna vertebrale, rendendola flessibile ed elastica in tutte le direzioni, attraverso estensioni, flessioni, piegamenti laterali e torsioni.

Non esistono, che si sappia, esercizi paragonabili alle posture dello Yoga per ciò che riguarda il raggiungimento della flessibilità della colonna vertebrale.

Veniamo ora all'efficienza e al funzionamento degli organi vitali situati nella cavità addominale. Tutte le attività fisiche mantengono in esercizio alcune parti del nostro corpo, ma non si occupano particolarmente di pancreas, fegato, milza, intestini, vie respiratorie, sistema endocrino e nervoso, ecc. da cui dipende la salute. In una serie di posizioni Yoga correttamente eseguite vengono messe in risalto le funzioni dei singoli organi.

Per esempio, uddiyâna è un eccellente esercizio per migliorare le funzioni degli organi situati nella cavità addominale e per promuovere la circolazione sanguigna. Possiamo correre, nuotare, giocare a tennis, ma niente sarà altrettanto salutare agli organi interni come uddiyâna.

A livello energetico lo Yoga è il miglior investimento: minime energie spese, massimo rendimento o beneficio ottenuto. La seduta Yoga, ben strutturata, secondo i principi di Patañjali (“stabilità e comodità”) non deve produrre spossatezza, ma al contrario generare vitalità. Nelle attività fisiche, come in tutti gli sport, abbiamo massimo dispendio di energie, spossatezza dopo le gare, conseguenti effetti collaterali, quali produzione di tossine in eccesso, dolori e tensioni nel corpo, crollo al termine dell'attività. Vediamo che la salute non dipende dunque dall'efficienza fisica: molti atleti sono infatti ansiosi, tesi, si preoccupano. Fisicamente sembrano sani, ma non è così per quanto concerne il sistema nervoso. Diventa quindi importante, ai fini della salute, rilassarsi: e quali tecniche di rilassamento più efficaci di quelle dello Yoga? Rilassando il corpo, automaticamente si rilassano il sistema nervoso ad esso collegato e la mente.

In Occidente sono frequenti i disturbi mentali: l'uomo ha perduto il suo equilibrio e non è certo con i tranquillanti o con i farmaci di sintesi che può riacquistarlo, mentre, attraverso lo Yoga, il sistema nervoso autonomo viene stimolato e si crea un antidoto naturale agli squilibri emotivi.

Yama e niyama sono pratiche quotidiane di igiene mentale. Non può esserci salute se non c'è stabilità emotiva. Lo Yoga, essendo una scienza eminentemente pratica, richiede coerenza e perseveranza. Se vogliamo trarre beneficio dallo Yoga dobbiamo praticarlo costantemente. La salute è un bene personale e dobbiamo essere seriamente interessati a conquistarla.

Nello Yoga sono innumerevoli i sistemi o le vie da percorrere per il raggiungimento della salute. Possiamo cominciare dal fisico per raggiungere l'equilibrio psichico; quando questo è raggiunto e siamo sani dal punto di vista psico-fisiologico, sperimenteremo qualcosa di diverso, entreranno in noi gioia e felicità, e ci avvicineremo alla salute spirituale. Solo quando il corpo non è più un peso, possiamo dire di essere entrati nella salute spirituale.

 

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5. SIMHA-MUDRÂ (mudrâ del leone)

 

Tecnica di esecuzione

1. Sedete con le gambe distese.

2. Incrociate le caviglie sotto le natiche.

3. Appoggiate le mani sulle rispettive ginocchia.

4. Piegatevi leggermente in avanti e fate pressione sulle ginocchia.

5. Aprite la bocca ed estraete la lingua il più possibile. Contemporaneamente stirate le dita e ruotate lo sguardo alla punta del naso o al centro tra le sopracciglia.

Fate rientrare la lingua, chiudete la bocca ritirate lo sguardo e rilasciate le dita.

Sedete eretti.

Togliete le mani dalle ginocchia e distendete le gambe.

 

Suggerimenti utili

- Aprite completamente la mascella per consentire il massimo stiramento alla lingua.

- Stirate la lingua con uno sforzo esalatorio.

- Contraete vigorosamente l'addome.

- Non esercitate un'eccessiva pressione sulle caviglie.

- Se l'incrocio delle caviglie è difficoltoso, sedete in una qualsiasi posizione comoda.

 

Benefici

- Favorisce l'adeguato stiramento della muscolatura in generale e in particolare dei muscoli addominali e della gola.

- Elimina laringiti, tonsilliti, ecc.

- Migliora le funzioni della gola e degli organi addominali attraverso una migliore circolazione.

- Esercita un blando stiramento sui muscoli della colonna cervicale.

 

La pratica di questo esercizio rende elastici i muscoli del collo; i muscoli addominali e quelli pelvici vengono rinforzati.

È un ottimo esercizio preparatorio per alcune tecniche Yoga più avanzate, come bandha-traya che non è però descritta in questo manuale.

Per altri dettagli terapeutici consultare la descrizione di jihva-bandha (6).

 

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8. ARDHA-HALÂSANA (posizione del semi-aratro)

 

Tecnica di esecuzione

1. Sdraiatevi supini con i piedi uniti.

2. Alzate lentamente la gamba sinistra (senza piegarla) fino a formare un angolo di 90°, poi abbassatela.

3. Alzate la gamba destra fino a formare un angolo di 90°, quindi ritornate alla posizione di partenza.

4. Sollevate ambedue le gambe lentamente a 90° e riportatele a terra.

 

Suggerimenti utili

- Alzate le gambe, in modo alterno, senza fletterle al ginocchio.

- Nel sollevare le gambe è opportuno arrestarsi a 30°, a 60° e infine ad un angolo di 90°.

- Dopo circa due settimane di pratica alzate ambedue le gambe fermandovi alle tappe sopra indicate.

- Ripetete l'esercizio, alzando le gambe secondo la vostra capacità e senza avvertire disagio.

 

Benefici

- Favorisce il tono muscolare degli organi dell'addome.

- Sollecita lo stiramento della regione lombare e dona flessibilità alle articolazioni dell'anca.

- È molto utile per tonificare i muscoli addominali; combatte la stitichezza e i disturbi della digestione, specie quando sono dovuti all'indebolimento dei muscoli addominali o ad uno squilibrio negli impulsi nervosi che regolano il processo digestivo.

 

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15. BHUJANGÂSANA (posizione del cobra)

 

Tecnica di esecuzione

1. Stendetevi proni.

2. Sistemate le mani ai lati del torace.

3. Alzate il mento e guardate verso l'alto.

4. Sollevate lentamente il torace.

5. Sollevate l'addome fino all'ombelico e mantenete la posizione. Ritornate gradualmente alla posizione di partenza seguendo l'ordine inverso.

 

Suggerimenti utili

- Sollevatevi soltanto fino all'altezza dell'ombelico.

- Non raddrizzate o divaricate i gomiti.

- Esercitate la minima pressione sulle mani.

- Tenete i piedi uniti mentre eseguite bhujangâsana

 

Benefici

- Dona flessibilità alla spina dorsale.

- Rafforza i muscoli della schiena.

- Elimina il mal di schiena e il dolore alla regione lombare.

- Migliora le funzioni respiratorie.

 

I muscoli profondi della spina dorsale sono alternativamente contratti e rilassati durante l'esecuzione di questa posizione; ciò li rende più efficienti e dona elasticità alla colonna vertebrale.

Durante l'esecuzione, l’azione di questi muscoli permette una migliore circolazione sanguigna, che è normalmente alquanto lenta in questa regione del corpo.

Bhujangâsana ha un così buon effetto sui muscoli profondi, che anche un singolo tentativo di eseguirla può liberare dal mal di schiena se questo è dovuto a un sovraffaticamento muscolare.

L'intera spina dorsale riceve una costante trazione anteriormente: questa influenza beneficamente ogni vertebra e i suoi legamenti, che partecipano a tale azione. Se esiste qualche lieve disallineamento nella colonna vertebrale, bhujangâsana permette di correggerlo.

Le trentun paia di nervi spinali che fuoriescono attraverso i forami intervertebrali, le due catene di gangli nervosi del sistema simpatico, che sono situate nei muscoli ai lati della colonna vertebrale, vengono favorevolmente influenzati e aiutati a mantenersi sani e attivi.

Bhujangâsana influenza considerevolmente lo sviluppo dei muscoli addominali.

In particolare bhujangâsana, con shalabhâsana (17) o ardha-salabhâsana (16), e dhanurâsana (18), possono essere meglio praticati in combinazione con halâsana (14), di cui in tal modo vengono accentuati i benefici risultati.

Chi soffre di flatulenza immediatamente dopo i pasti, dovrebbe eseguire maggiormente bhujangâsana; chi invece accusa lo stesso disturbo, ma qualche tempo dopo il pasto, dovrebbe dedicare più tempo a shalabhâsana (17) o ardha-salabhâsana (16).

Dhanurâsana (18) può essere utile in entrambi i casi. A parte halâsana (14), le sopracitate posizioni non hanno una diretta influenza sulla tiroide.

 

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21. PASHCIMATANÂSANA (posizione di stiramento posteriore)

 

Tecnica di esecuzione

1. Sedete con le gambe distese.

2. Unite le mani davanti al petto.

3. Flettete il tronco in avanti e afferrate le dita dei piedi con ambedue le mani.

4. Piegate i gomiti e cercate di toccare le ginocchia con la fronte.

5. Mantenete la posizione senza sforzo.

 

Suggerimenti utili

- Non flettete le ginocchia.

- Piegate il tronco e la testa in avanti in modo da mantenere la posizione senza alcuno sforzo.

- Cercate di raggiungere il massimo rilassamento nella posizione finale.

- Evitate di afferrare le dita se l'esercizio vi risulta difficile. In tal caso appoggiate entrambe le mani comodamente sulle gambe.

- Nel flettervi in avanti evitate di compiere movimenti bruschi.

 

Benefici

- Provoca lo stiramento del dorso, dei tendini del ginocchio e dei muscoli delle cosce.

- Allevia i dolori lombari e il mal di schiena.

- Dona flessibilità alla spina dorsale.

- Migliora le funzioni digestive, l'eliminazione delle scorie fisiologiche e dona tranquillità alla mente.

 

È un ottimo esercizio di stiramento: quasi tutti i muscoli della parte posteriore del corpo, particolarmente quelli delle cosce dietro all'articolazione delle ginocchia, vengono rilassati e completamente distesi.

La posizione è di grande importanza anche per i muscoli addominali, che vengono tonificati per mezzo della vigorosa contrazione degli stessi che si determina nell'esecuzione della postura; ciò ne permette una migliore efficienza.

I nervi che si diramano verso gli organi pelvici, provenienti dalla regione lombosacrale, vengono tonificati perché tale regione della colonna vertebrale viene profondamente influenzata dalla pratica di pashcimatanâsana e la circolazione sanguigna in questa sede è migliorata.

Dato che pashcimatanâsana rinvigorisce l'addome è stato notato che aiuta efficacemente a rimuovere disturbi come stitichezza e dispepsia; è anche molto utile per curare la debolezza seminale e per prevenire il riacutizzarsi di una sciatalgia.

È necessario valutare in modo giudizioso i tempi di mantenimento della postura se mantenuta a lungo può causare stitichezza invece di alleviarla; perciò se questo âsana deve essere praticato a lungo, per trarne vantaggi; sia fisiologici sia spirituali, deve essere accompagnato da uddiyâna-bandha (31) che può essere ripetuto alcune volte durante il mantenimento di pashcimatanâsana.

Coloro che soffrono abitualmente di stitichezza dovrebbero evitarne la pratica oltre le tre ripetizioni.

 

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28. YOGA-MUDRÂ (mudrâ dello Yoga)

 

Tecnica di esecuzione

1. Sedete con le gambe distese.

2. Flettete la gamba destra e sistemate il piede destro nella cavità inguinale sinistra.

3. Flettete la gamba sinistra e sistemate il piede sinistro nella cavità inguinale destra.

4. Unite le mani dietro la schiena.

5. Piegatevi lentamente in avanti sino a toccare con la fronte il pavimento e mantenete la posizione finché sarà confortevole. Ritornate alla posizione di partenza. Rilasciate le mani. Rilasciate i piedi e distendete le gambe.

 

Suggerimenti utili

- Sistemate i talloni in modo da premere sulla regione pelvica.

- Esalate lentamente e comprimete l'addome per facilitare il piegamento in avanti.

 

Benefici

- Elimina la congestione degli organi addominali.

- Incrementa la circolazione sanguigna nella regione addominale.

- Combatte la costipazione e favorisce il processo di eliminazione delle scorie.

- Riduce l'adipe nella regione addominale.

- Conferisce flessibilità alla spina dorsale.

- Elimina il dolore nella regione inferiore del dorso.

 

Questa tecnica rende forti i muscoli addominali e aiuta a tenere nella loro sede gli organi situati nell'addome. Tonifica il sistema nervoso in generale e i nervi lombosacrali in particolare.

L'intestino cieco e l'ansa pelvica sono sedi frequenti di costipazione intestinale; in questa pratica il tallone sinistro preme in corrispondenza dell'intestino cieco e quello destro contro l'ansa pelvica. Queste pressioni, quando vengono applicate stabilmente e ripetutamente, stimolano le regioni su cui sono esercitate, riducendo così la stitichezza.

Yoga-mudrâ consente questo risultato anche perché gli organi addominali vengono riportati nella loro sede naturale.

Yoga-mudrâ si rivela utile nella cura della debolezza seminale.

 

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42. UJJÂYI (il vittorioso)

 

Tecnica di esecuzione

1. Sedete in una posizione comoda con il busto eretto.

2. Inspirate lentamente, emettendo un suono di frizione attraverso la contrazione parziale della glottide.

3. Espirate lentamente producendo dalla glottide un suono di frizione.

4. Adottate, per inspirazione ed espirazione, un rapporto-tempo di 1:2.

5. Ripetete confortevolmente più volte queste inspirazioni ed espirazioni.

 

Suggerimenti utili

- Durante la pratica cercate di emettere un suono di frizione.

- Controllate i movimenti dell'addome. Durante l'inspirazione, non lasciate

protrudere eccessivamente in fuori l'addome.

- Contraete l'addome durante la fase dell'espirazione.

- È utile chiudere gli occhi e concentrare l'attenzione sul suono di frizione.

 

Benefici

- Migliora l'efficienza del l'apparato respiratorio.

- Elimina le tensioni e conferisce tranquillità alla mente.

- Favorisce la circolazione e i processi di eliminazione.

 

Ha un effetto calmante sul sistema nervoso, specialmente grazie al suono prodotto dalla parziale chiusura della glottide. La mente è assorbita nell'ascolto del suono e si tranquillizza.

L'aria incontra una certa resistenza nel suo passaggio e si produce un leggero suono, inoltre tale resistenza migliora la qualità del processo respiratorio: si è notato un aumento dei valori di pressione intrapolmonare rispetto ai valori presenti nella normale respirazione (negativa durante l'inspirazione, positiva durante l'espirazione).

Il cuore può così conferire una maggior efficienza alla circolazione, essendo favorito da questi cambiamenti di pressione; il ritmo cardiaco viene significativamente ridotto rispetto alla respirazione normale.

 

 


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