Pandemia
Ritiri creativi di meditazione

 


 

INDICE

 

Intento

Consigli pratici

Le persone

Il luogo

L'organizzazione

Il maestro di cerimonie

Il cibo

Gli orari

Lo spirito giusto

L'abbigliamento

Durata dei ritiri

I soldi

Infine...

Ritiro di silenzio

(Tornare subito al centro)

Risveglio della consapevolezza

(L'albero cosmico)

Meditazione panoramica

(Monte Palomar)

Danza attorno al fuoco

(Omaggio alla tribù)

Capanna essudatoria

(Le pulizie del sabato)

L'ultimo nastro di Krapp

(Sputare i rospi)

Taj Mahal

(La nostra vera casa)

Il demiurgo

(La bacchetta magica)

La lampada di Aladino

(I tre desideri)

Il capolavoro

(Ars longa)

Torquemada

(Vendetta tremenda vendetta)

Moby Dick

(Il ventre della balena)

Le belle statuine...

(...e il sofista)

La stanza dai riflessi d'oro

(Specchio specchio delle mie brame)

Memoriale di Sant'Elena

(Raccontate uomini la vostra storia)

Caccia all'etimologia

(La torre di Babele)

Si fa e si dice

(La confessione)

Confesso che ho vissuto

(Le latomie di Siracusa)

Messa solenne

(Il conclave dei teologi)

E.T.

(Sotto aliena lente)

Hortus conclusus

(Labor vicit omnia)

Passo di parata

(Sepoltura dell'albero)

Memorial Day

(Omaggio ai caduti)

L'harem

(L'uno e i molti)

Nido sciamanico

(La visione di Odino)

Gurus absconditus

(Ciò che avremmo voluto dire e non abbiamo mai detto)

Le metope del Partenone

(La gipsoteca sacra)

La colonia penale

(Sisifo e oltre)

I bambini smarriti

(L'Orda d'oro)

Cesare Augusto

(S'io fossi imperador)

Pontifex Maximus

(Il sacro rito)

La stanza zero

(Il niente assoluto)

L'albero amico

(La tomba della mamma)

Bagno rituale

(La fontana inquietante)

Non lavarsi

(L'uomo dei boschi)

Astinenza

(La nascita della Quaresima)

Dare, non prendere

(Il pozzo di San Patrizio)

Adorazione perpetua

(OM)

Vizi privati

(Non disturbare)

Òrghia

(La festa misteriosa)

Mantra

(Strumento per pensare)

Chi sono io?

(Omaggio a Ramana Maharshi)

'A livella

(L'inevitabilità della morte)

E poi, naturalmente

Conclusione

 


 

PASSI SCELTI

 

CONSIGLI PRATICI

I suggerimenti esposti in queste pagine si riferiscono a quelli che sono conosciuti come «ritiri di meditazione» e che, prima che prendessero piede le pratiche di derivazione orientale, venivano chiamati «ritiri spirituali». Si rivolgono a gruppi di amici disposti a vedere e rivedere se stessi, a conoscersi e a mettersi in gioco individualmente, in piccoli o grandi gruppi. Sul numero non possono vigere regole precise: sarà l’animo di ciascuno a scegliere con quali e con quanti compagni di viaggio accompagnarsi.

 

Le persone

Per «gruppo di amici» si intende un gruppo di persone relativamente chiuso, la cui amicizia si fonda sul lavoro comune svolto durante i ritiri di meditazione e nella propria intimità quotidiana. Può anche darsi che nel mondo quotidiano i membri del gruppo non si conoscano, non si frequentino, e vivano in luoghi diversi. Forse è la situazione migliore. Se da un lato è vero che un gruppo che raccoglie ogni volta persone sconosciute, sempre diverse, non consente quell’intimità e quella conoscenza reciproca da cui può nascere la libertà dell’espressione e la disponibilità a mettersi in gioco, dall’altro un gruppo di amici che si trasforma in un gruppo fisso di meditazione presenta il grave difetto che ciò che avviene nel ritiro verrà riportato all’esterno, rischiando spesso la chiacchiera e la banalizzazione, e disobbedendo così alla regola alchemica secondo la quale il processo deve farsi all’interno di un «athanor», un luogo chiuso e protetto, destinato esclusivamente al processo interiore, alla «cottura di sé».

La situazione ottimale, a nostro parere, è quella di un gruppo di persone tutte parimenti interessate alla ricerca interiore e disposte all’interazione con altri viandanti sulla stessa via, ma che non siano intimi nella vita ordinaria. Il loro incontro, il loro scambio, la reciproca interazione avvengono soltanto nello spazio magico dell’athanor. Ciò consente a meraviglia la libertà dell’espressione, senza i freni e le censure che tendiamo ad autoimporci se quello che esprimiamo in un ritiro venisse riportato, ripreso e commentato in un’altra situazione esterna. È noto il disagio vissuto da molte coppie di meditanti, che se a volte riescono a portare nella quotidianità di coppia il lavoro interiore, altre volte ne sono impedite dall’imbarazzo, dalla ritrosia e da un certo pudore, complice anche l’atteggiamento di non voler dispiacere all’altro o di non volersi attirare le critiche dell’altro. Non sempre la coppia consente la libertà dell’espressione, la quale libertà è più facile se si è soli con se stessi o con persone con le quali la libertà di espressione non avrà ripercussioni nel quotidiano. Ma anche qui il metro è dato dalla predisposizione e dall’animo di ciascuno, non esistono altre regole che le proprie.

Il segreto di quanto avviene nel luogo sacro, durante l’azione sacra, è sempre stato un segno caratteristico dei misteri.

 

Il luogo

Costituitosi un gruppo di comune ricerca attraverso un’accurata indagine, occorre trovare il luogo adatto. Come insegna la tradizione monastica, deve essere un luogo riposto, a debita distanza da centri abitati, immerso in un ambiente naturale gradevole. Il luogo deve aprirsi su ampi cieli e ampi paesaggi, per favorire l’apertura della mente e della coscienza. Un luogo chiuso e ombroso non può che stringere, un muro davanti alla finestra è solo occasione di angoscia.

Una grande casa di campagna, un agriturismo affittato per l’occasione, un rifugio montano, un antico convento riattato, sono alcune ipotesi di luogo. Più difficile da gestire, ma idealmente ottimo, anche se non per tutti i ritiri, è l’accampamento di nomadi: darsi appuntamento in un luogo naturalmente bello, purché lontano dagli abitati, nel quale ciascuno arriva con la propria tenda, il camper, la roulotte. Che si scelga una costruzione o un luogo aperto, è essenziale che ogni partecipante abbia un proprio spazio, la propria stanza, anche minuscola, ma comunque il suo tempio privato, il forno dove solo lui è messo a cuocere. Cameroni stipati di giacigli vanno bene per caserme, conventi, prigioni e ospedali, tutti luoghi poco frequentati dalla libertà.

 

L’organizzazione

I ritiri hanno bisogno di un calendario e una programmazione, perciò è necessario uno staff. Un piccolo numero di membri del gruppo si assume l’incarico, stabile oppure a turno, di tenere aggiornata la lista degli amici, fissare le date e inviare i programmi. La conoscenza anticipata del tema del ritiro è indispensabile. Essendo ogni ritiro improntato a un tema, devo sapere se il tema muove il mio interesse, perché se decido di partecipare devo partecipare fino in fondo. Non posso fare da spettatore né tirarmi indietro a un certo punto, perché non sarebbe corretto nei confronti dello spirito del gruppo che, pur lavorando soprattutto individualmente, condivide un lavoro comune.

 

Il maestro di cerimonie

All’interno dello staff verrà scelta una figura oggi quasi scomparsa dalla scena del mondo, quella del maestro di cerimonie. I balli di corte, i grandi riti, la preparazione alla battaglia o al duello, le danze, tutti i movimenti di gruppo con carattere sacrale richiedono un catalizzatore, un regolatore, che è stato via via rappresentato dalla figura del sacerdote, del coreografo, del direttore d’orchestra, del maestro del coro o, appunto, dal maestro di cerimonie. Il maestro di cerimonie dà il la e il tono al ritiro, è la presenza che senza partecipare svolge la funzione del motore immobile attorno a cui tutto gira e si dispiega. Tiene alto lo spirito, previene le cadute di tono, richiama alla presenza e all’intensità, stimola. Quando c’è lui, o lei, si sa che la cerimonia è in atto, che il ritiro è in corso, che le danze sono aperte, che il fuoco è acceso e il lavoro interiore comune è nel suo farsi.

Non tutti possono ricoprire il ruolo di maestro di cerimonie, perciò si offrirà qualcuno che sente questa figura consona alle sue capacità. Se se ne presenta più d’uno, si sceglierà una volta per tutte o si interpreterà il ruolo a turno. Se non si presenta, si farà senza. Il maestro di cerimonie per eccellenza, attorno a cui tutto ruota, è pur sempre lo spirito.

 

Il cibo

Allo staff spetta anche l’ingrato compito di occuparsi del nutrimento. L’esperienza sul campo insegna che, per quanto riguarda il cibo, le necessità alimentari si possono ripartire tra i partecipanti, nel senso che al momento dell’adesione sarò anche informato su quali e quanti derrate devo portare per versarle nel serbatoio alimentare comune. Un’altra cosa insegnata dall’esperienza è che i pasti a ore fisse spezzano il lavoro e ritrasformano il tempo sacro in tempo profano, scandito appunto anche dall’orario dei pasti. È vero che si può sacralizzare anche il momento del pasto, che può diventare anch’esso un momento meditativo, ma a noi pare che la cosa migliore sia organizzare un servizio di self-service in cui i cibi sono sempre pronti e a disposizione (al massimo occorrerà scaldarli). A questo scopo è necessaria una persona che si occupi a tempo pieno della cucina: o un membro del gruppo che per la durata del ritiro si dedicherà soltanto alla preparazione del cibo, o una nonna che ama la propria immagine nutrizionale, o un estraneo appositamente arruolato. Non è un particolare da sottovalutare, perché è molto probabile che io sia nel pieno di un mio processo interiore all’ora di pranzo, e sarebbe sciocco interromperlo per riempire uno stomaco che non chiede di essere riempito in quel momento, o a cui in questo momento basta uno spuntino, e che chiederà cibi più consistenti forse due ore più tardi. Libertà significa anche digiunare, se voglio, di giorno e cibarmi di notte.

 

Gli orari

Il tempo sacro non ha la stessa scansione del tempo profano, perciò gli orari non devono esistere. Se sono in programma attività che contemplano la presenza di tutto il gruppo, è ovvio che un orario è necessario. Ma se ampia parte del ritiro, o se tutto il ritiro, è dedicato a una pratica individuale, anche se condivisa dal gruppo, è bene che io possa dedicarvi le ore che preferisco. Se prediligo lavorare su me stesso durante la notte e svegliarmi a mezzogiorno, devo poterlo fare. Il suggerimento del self-service sempre aperto tiene anche conto dei ritmi e delle preferenze personali. Il concetto è che nulla deve venire a spezzare il lavoro che sto facendo.

 

Lo spirito giusto

Lo stimolo meglio accetto per indurci a dedicare volentieri il nostro tempo a un ritiro di meditazione è lo spirito del gioco. Il recupero di questo spirito risana l’ammorbante serietà delle responsabilità adulte. La riscoperta di sé è lunga e difficile, e non si vede la necessità di accompagnarla a sofferenza, seriosità e fatica. Seriosità e fatica costellano già in abbondanza le nostre giornate, e riportarle nell’ambito del lavoro interiore ci pare masochistico. La cosa più bella è sempre stata la campanella della ricreazione, e perché non dovremmo adottare uno spirito di ricreazione dato che si tratta di ricreare lo spirito dentro di noi? Ciò non significa giochi convulsi, bailamme o strepito, significa entrare in ritiro con animo giocoso, certi che, per quanto sia faticosa la ricerca interiore, in quel luogo, in quella situazione e con quegli amici ci divertiremo, staremo bene, usciremo dal ritiro ri-creati. Questo concetto apparirà meglio dalle meditazioni che verranno proposte.

 

L’abbigliamento

Poiché lo spirito è quello dell’agio (del divertimento, della libertà, dell’espressione), un ritiro è l’occasione giusta per vestirvi come volete, per far sfoggio di ciò che avreste sempre voluto indossare e non avete mai osato, per presentarvi (non al mondo ostile, ma a un gruppo solidale di amici) nella forma con cui più vi identificate. Un gruppo di meditazione non è così diverso da una banda di matti, perciò approfittate della totale libertà e vestitevi finalmente come volete.

 

Durata dei ritiri

In tempi di scarso tempo a disposizione, i ritiri che seguono sono concepiti per la durata di un fine settimana. La cosa migliore è arrivare il venerdì pomeriggio, o il venerdì sera, o anche il venerdì notte e, poiché conosciamo in anticipo il tema del ritiro, tuffarci dentro appena arrivati. Sarà premura del maestro di cerimonie accogliere e inserire man mano chi arriva nell’attività in corso. Alla fine del ritiro, le partenze saranno anch’esse scaglionate a seconda delle necessità individuali, ma un ritiro di fine settimana che si rispetti dura almeno fino al tramonto della domenica.

Non sempre, anzi quasi mai, il tema trattato potrà venire sviscerato in un fine settimana. Il lavoro interiore è l’opera di tutta la vita. Si potrà quindi riproporre più volte lo stesso tema. La scelta delle varie possibilità spetta al gruppo. Potendolo e volendolo, si possono programmare ritiri di più giorni, di una settimana, di un mese e, perché no, di anni. Quale modo migliore per impiegare gli anni della pensione o un periodo di disoccupazione o di volontario ritiro dal mondo?

 

I soldi

Indichiamo questo punto per ultimo perché ultimo deve restare, anzi non dovrebbe neppure esistere. Lo spirito è gratuità, perciò la ricerca spirituale deve essere gratis. Nessun sofisma ci convincerà mai del contrario. L’unica cosa da tenere in considerazione è la realtà delle spese (la realtà delle spese reali): l’eventuale affitto, le spese di riscaldamento, il costo delle vivande e dell’eventuale vivandiera, e le spese di corrispondenza per la diffusione dei programmi. Una cassa comune calcolata sulle spese effettive sembra l’unica soluzione accettabile, a meno che non intervenga un mecenate. Se qualcuno pensa che dedicare il proprio tempo agli altri meriti un compenso economico, non è nello spirito di questi ritiri.

 

Infine…

I ritiri di meditazione proposti in queste pagine sono di due tipi: solitari e collettivi, ovvero privati e pubblici. Nei primi, tutti i partecipanti fanno la stessa cosa ognuno per conto proprio (l’unica socialità è un eventuale scambio finale di impressioni, organizzato o spontaneo). I secondi sono invece strutturati come vere e proprie interazioni tra i partecipanti.

Da ogni proposta si evincerà a quale tipo appartiene un ritiro, e naturalmente sono possibili tutte le gradazioni, dalla totale solitudine al totale collettivismo, a seconda dell’umore, delle esigenze del momento e dei partecipanti, e del saggio discernimento da parte del maestro di cerimonie.

La regola è sempre «nessuna regola», nel rispetto reciproco e nel bene per se stessi.

 

   


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