Taisen Deshimaru
L'Anello della Via
Parole di un maestro zen

 


 

INDICE

 

Prefazione
Introduzione

LO ZEN È ZAZEN
Zazen: meditazione seduta
Fukanzazengi: i principi dello zazen del maestro Dogen
I sette principi dello Zen di Dogen
Shinjin datsu raku: abbandonare il corpo e la mente
Gyoji: la ripetizione della pratica

LO SPIRITO DELLO ZEN
Komyozo zanmai: il samâdhi del granaio della grande saggezza
Il samâdhi dello specchio
Penetrare la nostra vera natura
Mushotoku: senza scopo ne profitto
La Via di Mezzo
L'interdipendenza dei fenomeni
Unità corpo-mente
Il karman e l'ego
Illusione e satori
Gli otto satori del Grand'Uomo
Hishiryo
Badai shin: lo spirito del risveglio
Amore, sofferenza, fede, compassione
La vera libertà
Il rapporto maestro-discepolo
Qui e ora
L'impermanenza
La vita e la morte

L'ESSENZA E I FENOMENI SONO INTERCONNESSI
Kakunen musho: un vuoto insondabile, niente di sacro
Ku: la vacuità
Ku soku ze shiki, shiki soku ze ku: la vacuità diventa fenomeno, i fenomeni diventano vacuità

 


 

PASSI SCELTI

 

SHIN JIN DATSU RAKU
ABBANDONARE IL CORPO E LA MENTE

Zazen significa praticare ciò che non può essere pensato tramite la coscienza individuale. La vera religione non è pensata ma solo praticata. Il vero Zen significa praticare qui e ora, praticare l’eternità qui e ora.

Zazen significa ritrovare lunità tra la condizione del Buddha e l’ego, non sono durante lo Zazen, ma anche attraverso tutti i comportamenti della vita quotidiana. Se questi sono giusti il satori si realizza inconsciamente, naturalmente, automaticamente.

Nella mente degli esseri umani, ogni giorno si alza il vento e crea delle onde. Quando abbandoniamo tutte le illusioni della nostra coscienza individuale appare una nuova vita. È zazen, la biocoscienza, la coscienza cosmica.

Zazen è abbandonare l’educazione ricevuta a partire dalla nascita. Shin jin datsu raku, ha detto Dogen, corpo e mente sono completamente abbandonati, hanno compiuto una metamorfosi. Non è per niente difficile. Shin jin datsu raku consiste semplicemente nell’adono dell’egoismo. Quando si abbandona l’attaccamento all’ego, in quel momento si realizza shin jin datsu raku. Soltanto lo zazen è vero. Il resto proviene dal karman.

Io non ho bisogno dell’opinione della gente. Qualcuno dice: “Per favore, ascoltate, ascoltate”. Io resto in silenzio, è meglio. L’opinione della gente viene solo dal karman. “L’ho visto con i miei stessi occhi, è vero! L’ho sentito con le mie orecchie”. Ma questi occhi e queste orecchie non sono poi tanto degni di fiducia. Sono gli occhi e le orecchie del karman. Questo è il problema.

Bisogna quindi ritornare alla vera condizione originaria: è zazen. Se continuerete a praticare lo zazen potrete far decrescere il karman. Alcuni, anche facendo zazen, non fanno altro che aunebtare il loro karman. Comunque, soltanto in zazen, seduti sullo zafu, dimentichiamo e interrompiamo il karman, seguiamo l’ordine cosmico.

Ciascuno di noi ha un karman, delle abitudini, dei modi di essere. Per questa ragione ognuno capisce il mio insegnamento in modo differente, perché lo percepisce attraverso il karman individuale. Dobbiamo invece ascoltare attraverso la pura coscienza hishiryo, senza alcun ego, senza coscienza personale. Dovete abbandonare le vostre categorie e avere la testa e le mani vuote.

In tutti noi, sia che siamo stupidi o intelligenti, il potere del karman è forte. Quando il karman si spezza, allora è possibile comprendere lo Zen. La maggior parte delle persone è diretta dal karman, insegue quello che ama, ciò di cui si interessa e che la colpisce. Non lasciatevi ingannare dal karman. Bisogna andare avanti, avanti, prima dell’ora, prima dell’eternità. Bisogna trovare il mondo senza karman.

Tutte le mattine facciamo zazen. Durante lo zazen il karman diminuisce. Siete seduti sul vostro zafu: è il momdo senza karman. Durante lo zazen le illusioni e i pensieri si manifestano, ma il tempo dello zazen è più prezioso. Il quel momento le sofferenze diminuiscono.

Il nostro è un mondo fluttuante. Tutti vanno avanti a zig-zag con un’andatura da ubriachi e giocano sul filo della vita e della morte.

Fare zazen significa ruotare di 180 gradi, passare dalla vita ordinaria alla più santa e alta delle vite. Attraverso lo zazen possiamo saltare direttamente nella terra santa, la terra di Dio o del Buddha, qui e adesso. Lo zazen non è il Dharma che permette di vivere nel mondo volgare: è il Dharma, è l’insegnamento che permette di vivere nel mondo più elevato. Allora, anche se pratichiamo zazen, non possiamo ricavare nessun beneficio dallo zazen. Il satori è perdere ogni beneficio, èdanneggiarsi.

Il satori è come lo spirito del ladro che penetra in una casa vuota. Non c’è niente da rubare. Allora il ladro non sa che fare. Nessuno si lancia al suo inseguimento ed egli ne rimane deluso. Kodo Sawaki diceva sempre: “Lo zazen è come il ladro che entra in una casa vuota”. Fatene una prova e capirete lo spirito dello zazen. Niente. Non si tratta di pessimismo o di nichilismo, ma, al contrario, è proprio questo modo di vedere che diviene la sola sorgente creatrice della più alta saggezza, come un grosso diamante.

Spero che possiate raggiungere questa condizione di spirito nel più breve tempo possibile; in seguito scoprirete la vera libertà eterna, dalla vita e dalla morte.

In ogni caso i problemi della vera libertà, della pace e della felicità non si trovano al di fuori della vostra mente, ma solo nella rivoluzione interiore, attraverso lo zazen.

Tutta la nostra vita fenomenica, buona o cattiva, triste o gioiosa, dovrebbe essere osservata come una rappresentazione sul palcoscenico di un teatro e dovremmo sempre mantenere in pace il nostro spirito. Per perseverare nella pratica dello zazen bisogna essere penetrati da mujo bodaishin. Mujo è l’impermanenza; bodaishin, la mente più elevata, la mente del risveglio, lo spirito della Via. Senza questo spirito di risveglio lo zazen diventa una competizione, un festival, e non si può continuare. Ma se si possiede bodaishin, la pratica si trasforma nel più alto spirito religioso.

Nella storia i grandi uomini, i santi, i saggi hanno capito che il loro potere non era molto vasto e proprio per il fatto d’aver capito questo sono diventati veramente grandi, per questo hanno ricevuto la vita cosmica, universale.

Religione significa trovarsi in armonia con il cosmo. È il sistema cosmico che dobbiamo studiare. Non si vive solo con e per se stessi, siamo anche vissuti dagli altri, dipendiamo gli uni dagli altri. Lo Zen è zazen: meditazione, essenza della religione, al di là delle religioni e delle filosofie, unicamente tramite l’esperienza del corpo, nella concentrazione, qui e ora.

La filosofia dello Zen non ha uno scopo, è senza oggetto e senza profitto. Soltanto la pratica permette di capire questa dimensione. Avere come fine la salute, il successo, non è vero Zen. Lo Zen è solo zazen. Dimenticare tutto e concentrarsi solo su ciò che si sta facendo, senza scopo. Solo così si raggiunge il livello più alto: è mushotoku, il non-profitto.

Durante lo zazennon si deve cercare di raggiungere la verità né di troncare le illusioni. Non si pensa volontariamente, ma si è ricettivi nelle profondità del subconscio, nella coscienza alaya, serbatoio di tutti i semi depositati dal nostro karman e dalle nostre azioni precedenti.

La coscienza hishiryo non è una condizione speciale. Satori, nirvana, vogliono dire condizione normale e vera pace che continuano dopo la morte, eternamente.

 

* * *

 

GYOJI
LA RIPETIZIONE DELLA PRATICA

Quando seguiamno giorno e notte le regole, l’insegnamento dei Buddha e dei patriarchi, vediamo che non esistono differenze nel loro insegnamento. E se si praticano queste regole per un anno o due, tutta la vita diventerà identica a ciò che si è praticato durante un solo giorno o una notte.

Volersi distinguere non è un buon comportamento. Seguire la pelle, la carne, le ossa e il midollo dei patriarchi è l’essenza dello Zen.

Gyoji non dipende dalla volontà personale; gyoji non ha fine, la ripetizione senzza scopo e senza fine vuil dire seguire l’ordine cosmico cone il sole che illumina sempre la terra senza chiedere una contropartita a nessuno.

Gyoji significa continuare a praticare la Via, dokan, ripetere ogni giorno la Via. Non è questione di ricerca ma di pratica.

Sulla grande Via del Buddha e dei patriarchi, in tutta certezza, la pratica più elevata consiste nel non rompere dokan, uguale ad un anello senza fine, e così fino alla morte.

Genjo, il potere cosmico, appare nella pratica. Se si pratica ogni giorno non è più necessario concentrarsi su di esso o desiderare di ottenerlo. La ripetizione è dunque importantissima.

Nel vero Buddhismo, e in modo particolare nello Zen, abbiamo muga, non-ego; nessun Dio, nessun compagno, né alcun altro oggetto.

Se si raggiunge una dimensione elevata non c’è più né Dio né Buddha, mentre, se si ricercano i benefici, non siamo ancora giunti molto in alto. L’essenza dello Zen è mushotoku e non c’è dualità tra Dio e l’ego. La cosa migliore è la sola pratica, ma senza oggetto, senza lo scopo di ottenere un beneficio qualsiasi.

Una semplice goccia di pioggia, cadendo un giorno dopo l’altro, finisce per fare un buco in una pietra.

Zazen è non-ego, muga: è la completa armonia e la completa unità con le altre esistenze e con il cosmo. Capiamo infine l’inutilità di essere individualisti ed egoisti. Essere una sola cosa con gli altri diventa la nostra fortuna.

Voi siete Buddha viventi, dèi viventi. La vostra postura di zazen in sé è santa, è Dio, Buddha, Buddha. Dio e tutti santi non esistono qui, adesso, ma voi realizzate la divinità, la buddhità viva, la viva santità. Con i meriti di dokan, qui e ora, la mente del Buddha diventa attiva.

La vera Via allora non s’interrompe. Dokan continua per sempre e il Buddha, è al di là del Buddha. La natura di Buddha è sempre presente, il Buddha è sempre perfetto e il vero satori si realizza.

Descartes ha detto: “Penso, dunque sono.”. Dogen invece ha scritto: “Pratico, dunque sono. Qui esisto, qui agisco”.

Se continuate rettamente gyoji, si produrranno grandi meriti. Il nostro scopo non deve essere quello di ottenerli, di guadagnarli, ma soltanto quello di continuare a fare zazen.

Un giorno Buddha Shakyamuni concludendo un sermone disse: “Non correte dietro ad un uomo o ad una donna. È meglio cercare se stessi”.

 

La rivoluzione interiore
è importante e difficile:
l’uomo resta sempre uomo.
L’uomo ha la coagulazione dell’uomo.
La donna ha la coagulazione della donna.
L’intellettuale ha la coagulazione dell’intellettuale.
Il pazzo ha la coagulazione del pazzo.

 

Una siffatta rigidità genera parecchie difficoltà. Quando tale ristrettezza finisce, quando la nostra personalità diventa retta, onesta, e ci si connette con l’ordine cosmico, la mente si ammorbidisce, si addolcisce; non è più il caso si nascondere o di fuggire qualcosa. La mente è sempre brillante, scintillante, un giorno dopo l’altro. È la santità. La qualità è diritta, la coscienza morbida. È il punto essenziale dello Zen di Dogen, la vera libertà. Cielo e terra hanno il medesimo corpo, tutte le esistenze hanno la stessa radice. Inutile creare separazione tra sé e gli altri. Quando abbandoniamo gli “ismi”, i pensieri coagulati, possiamo trovare davvero il satori, il vero do, il Tao. I saggi, i santi non hanno un io: tutto diventa il loro ego. Il cielo, la terra ed io abbiamo le stesse radici; tutte le esistenze ed io formiamo un corpo solo.

Non ricaverete alcun beneficio nel volervi elevare al di sopra degli altri. Pterendere di essere diversi è un comportamento nefasto.

Fate zazen, restate in silenzio. Non preoccupatevi di quelli che vi trattano da muto. È il loro errore. Cin shikantaza diventate Buddha; non il Buddha storico che visse 2500 anni fa, ma dei Buddha viventi, dei Bodhidharma viventi, dei Cristo viventi.

Lo zazen è la più grande, la più santa di tutte le posture. Attraverso lo zazen diventate il legame che unisce il cielo alla terra. Se si pratica shin jin datsu raku, il corpo e la mente compiono una metamorfosi.

Non create coagulazioni mentali, non diventate bigotti o fanatici. La coagulazione restringe lo spirito. Nello shodoga è scritto: “Andare, stare seduti, stare in piedi, coricati, parlare, stare in silenzio… tutto è Zen”.

Vivere con gli altri fa sì che il gruppo divenga uno specchio. Dobbiamo conoscere il gyoji dei patriarchi e seguire il loro spirito. Ai nostri giorni la vita non è come quella di un tempo; anche se siamo diversi, lo spirito è lo stesso. Bisogna capire e ripetere senza sosta. La pratica non deve essere la di là della coscienza, e la coscienza non deve essere al di là della pratica.

La pratica e la coscienza devono sempre essere identiche. La pratica deve seguire la coscienza e la coscienza deve seguire la pratica. La pratica del corpo e la coscienza della mente devono essere unite.

La vera saggezza non deve essere racchiusa in categorie. È una creazione qui e ora, infinita ed eterna. Il grande saggio vive nella strada. Il piccolo saggio sparisce fra le montagne.

Si può diventare saggi anche nelle strade di Parigi. Alla Gendronnière, nel nostro tempio, le stalle sono diventate un dojo. Fuori, una grande chiesa diventa un teatro, un music-hall. I luoghi non hanno importanza. Non attaccatevi alla famiglia o al vostro luogo di nascita. Se provate gratitudine o amore per la vostra famiglia, separatevi da tale relazione. Se ricevete dei beni non attaccatevi ad essi. Se ricevete una terra non attaccatevi ad essa. Se avete una famiglia non rimanetevi attacccati, ma se siete soli e senza proprietà non attaccatevi nemmeno a questa condizione.

Dai tempi della preistoria abbiamo continuato a perpetuare una cattiva trasmigrazione. Certo, comprendiamo quello che è bene o male, ma agiamo come se avessimo la coda al posto della testa. È questa la ragione per cui soffriamo e languiamo nei desideri. Se non li fermiamo qui e ora, quando mai potremo praticare il vero gyoji?

Per la Via è sufficiente praticare il gyoji. Se non accettate questo perderete davvero il vostro tempo, per l’eternità.

Possiamo agire ed essere agiti da gyoji, e per questo il corpo che pratica gyoji è sacro e santo, come la mente. Non dobbiamo lasciare che diventino impuri. Non sono un corpo personale né una mente individuale.

La nostra vita… Che cos’è la vita? Che cos’è? Perché esistiamo? È un problema filosofico. Nel Buddhismo, nello Zen in particolare, quello che conta è come comportarsi, come vivere. Non è necessario studiare la metafisica. La maggior parte delle religioni vuole analizzare, scoprire la sostanza di Dio e la sostanza dell’ego, dell’io. Nel Buddhismo non si dà importanza a queste cose. L’importante è il comportamento, che cosa si fa e come lo si fa. I problemi metafisici non sono negati, tuttavia non li si commenta. I precetti morali sono certamente in primo piano, come nelle altre religioni, però nello Zen, i precetti, qualunque sia la loro importanza, si basano sulla pratica dello zazen perché continuando lo zazen, inconsciamente, automaticamente, seguiremo obbligatoriamente i precetti. Questo è gyoji.

I precetti sono la spada della non-paura che distrugge i veleni della malevolenza. I precetti sono il compagno ultimo della fine, che aiuta a superare i sottili ostacoli della Via. I precetti sono la coppa del nettare squisito dove i saggi giocano liberamente. Proteggere i precetti significa non glorificare se stessi. È possedere la raffinatezza e respingere la volgarità. Non imprigionare in un solo aspetto il precetto giusto significa non produrre lo spirito dell’errore.

Gyoji, la pratica, e setsu, i sermoni, l’insegnamento, la comprensione, l’intelletto, hanno una relazione che assomiglia a quella esistente tra l’acqua e l’onda. Come le due ali di un uccello. Quando un’ala è danneggiata non può volare. Sono necessarie ambedue.

Gyoji è come l’estate. gyoji ogni azione, al momento opportuno avremo il raccolto. È un risultato che non è necessario aspettare. Se ci si concentra qui e ora su gyoji, un gran raccolto si produrrà in avvenire e lo potremo conservare per l’inverno, poi, ancorqa, ritornerà la primavera. È gyoji, dokan, è come una ruota. È il cerchio, l’Anello della Via. Gyoji non finisce mai, è l’Anello della Via che perpetua se stesso eternamente. Agendo in tale maniera si instaura la prosperità sul paese per mille autunni e si estendono i benefici su diecimila generazioni.

 

* * *

 

ILLUSIONE E SATORI

Il bel fiore di loto non cresce nel prato verdeggiante, né in alta montagna. Nasce dal fango dello stagno, questo infimo luogo della natura. Senza entrare nell’oceano delle illusioni non potremo ottenere il tesoro della saggezza assoluta.

Il Buddha e il demone hanno lo stesso volto. Alla fine gli esseri che producono l’illusione possiedono il medesimo satori di quelli che, nel satori, generano il satori, ma devono di nuovo ritirnare all’illusione per confondersi con gli esseri fatti d’illusione.

L’uomo che vive nel satori deve armonizzarsi con quelli che producono effettivamente illusioni, mescolarsi alla impurità, senza lasciare dietro di sé odore di satori. Deve scendere al loro livello, bere, ridere, mangiare con loro.

Pertanto, non ci sono illusioni da mettere in pratica per essere nell’illusione, né satori da generare per provocare il satori. Ogni volontarismo è escluso.

I peccati diventano la sostanza della virtù. È come la relazione acqua-ghiaccio.

La vera Via meravigliosa non può essere capita con l’idea del satori, deve essere praticata in profondità ma non ricercata.

Per mezzo della saggezza dobbiamo troncare alla fonte la radice delle illusioni e dei desideri. Non dobbiamo però dimenticare che le illusioni della nostra mente interiore producono il satori. Allora sono i desideri stessi che diventano l’acqua del satori. Più grandi sono i desideri, più sarà abbondante l’acqua del satori.

Quando il cattivo karman sorge, la mente che osserva si frantuma e scompare, e il buon karman non ha la possibilità di manifestarsi.

Quando si pratica zazen, anche solo per un ora o per un solo momento, i tre karman della parola, del corpo e della mente diventano esattamente il Buddha.

Durante lo zazen non si può parlare, il corpo si mantiene nella più alta postura, quella del Buddha, e lo stato della coscienza è hishiryo. Questo è il karman più alto perché in quel momento si è come Buddha, nella condizione del samadhi.

Nel Mahayana, il vero bodhisattva non vuole recidere né esorcizzare le illusioni né i desideri. Egli deve avere il coraggio di affronatre la vita e la morte.

Bisogna saltare dentro la pericolosa corrente del fiume, nella civiltà moderna, non scappare per cercare riparo tra le montagne. Il nirvana è la montagna, bisogna entrarvi ma si deve anche uscirne.

Se dimostriamo coraggio di fronte alla vita e alla morte siamo “nati e non-nati”, e non possiamo più rendere totalmente impira la nostra mente; è come il fiore che attecchisce in un vaso, come un medico che cura un ammalato senza contrarre la malattia, come un uccello che volando nel cielo non rimane fermo in un solo punto.

Si deve entrare nel nirvana senza troncare i desideri, e purificare la radice delle illusioni senza doverla recidere.

Non è opportuno operare una scelta eccessiva: essa diventa un ostacolo nella realizzazione del satori.

Un eccesso di spirito selettivo è un errore. Come stabilire ciò che è “bene” o “male”? Il “bene” può dinìventare “male”, il “male” può diventare “bene”. Il bene e il male sono relativi al tempo e alle circostanze.

La nostra vita non esiste nel tempo, tuttavia il tempo esiste nella nostra vita. Il tempo esiste soltanto nella consuetudine della vita di ogni giorno. Il volontarismo individuale è molto limitato, ma lo sforzo è importante. In ogni modo, non possiamo perseverare a lungo nei nostri sforzi, che sono limitati dal tempo e dalla stessa enernità. Bisogna allora rinunciare alla nostra volontà, abbandonare l’“io” alla corrente universale. Solo in quel momento saremo animati dal meraviglioso potere cosmico fondamentale.

Le illusioni, come i diamanti scintillano; gli uomini ne sono attirati e per esse vivono, tanto da ritenerle necessarie,addirittura vitali. Infatti l’estinzione di tutte le illusioni, la scomparsa dei fenomeni, vuol dire anche la fine di ogni attività, la fine della vita, quindi la morte.

I desideri che vedete negli altri sono gli stessi della nostra mente. Tutto esiste nella nostra mente.

Nel cervello stesso ci sono delle contraddizioni. Abbandonare la mente del demone e conserbare solo la santità è molto difficile. Non possiamo scoprire così il vero satori. Non bisogna spezzare le illusioni, ma scoprire il satori al loro interno.

Ascoltando, pensando e praticando possiamo entrare nel samadhi. Essere nel samadhi significa essere al di là sia delle illusioni che della santità, cioè fare esperienza della purezza interiore attraverso il corpo e non solo col pensiero. Perciò è importantissimo praticare. Il samadhi è un’esperienza che si vive con la totalità del proprio essere.

 

Il satori è come il riflesso della luna sull’acqua. La luna non si bagna, l’acqua non viene toccata. La luce della luna illumina all’infinito, rischiara tutta la terra, eppure può essere contenuta in una piccola goccia. La luna non disturba l’acqua. Non considerate il satori un ostacolo alla vostra pratica.

 

Quando la nostra saggezza, la luce della saggezza è spenta, dall’oscurità arrivano le illusioni. Ma la vera luce della saggezza della Via di Mezzo esiste sempre e non è turbata. È come una pietra misteriosa che risplende sempre, allontanando ancora e sempre l’oscurità.

L’oscurità delle illusioni è la luce della Grande Saggezza. Non andate in cerca del satori. Non cacciate via le illusioni. Senza illusioni non c’è umanita. È l’eccesso che è nocivo. Si diventa simili agli animali. Come controllarsi? Questo è importante. La chiave è: non attaccatevi. Attaccamento significa continuare a pensare sempre la stessa cosa.

L’energia cosmica è mutevole a livello dei fenomeni, ma nella totalità non aumenta e non diminuisce. Quando otteniamo una cosa ne perdiamo un’altra. La fortuna diventa sfortuna e viceversa. Le illusioni si tyrasformano in satori. E tutto così: bonno soku bodai.

Nella condizione di buddhità non c’è crescita o diminuzione. È l’autentica totalità dei diecimila fenomeni, fukatoku: impossibile da afferrare. È la più grande libertà, l’autentica spiritualità.

Non si può afferrare l’aria. Non è possibile isolarne una parte. Non possiamo impadronircene. Nemmeno del cielo: è fukatoku. Allo stesso modo non possiamo afferrare la mente: è infinita e senza limiti. Vogliamo sempre creare delle categorie, ma la coscienza si estende all’infinito: è hishiryo.

La nostra vita è una continua contraddizione e oscilla tra lo stato di Buddha e la mente dabolica. Il volto di Dio e il volto del diavolo sono un solo volto: Tutti posseggono la mente santa, la mente del satori, ma se non si pratica non lo possiamo realizzare. Dobbiamo proprio capire l’autentica verità, il satori, non con il cervello ma con il corpo.

La cerità cosmica è una sola. Esiste da sempre, prima della preistoria e prima degli uomini. La verità cosmica, l’ordine cosmico, esistevano già prima della comparsa dell’uomo sulla terra. Essa si realizza, genera fenomeni di ogni tipo e assume molteplici aspetti.

Possiamo sentire il vento invisibile, l’invisibile. Il suono inudibile non esiste, però lo possiamo sentire. L’orecchio di un sordo, il rumore del vento fra i pini…

Se non si sente nulla possiamo sentire il suono eterno. Percepire il colore invisibile, la figura, la coscienza eterna, infinita, non visibile, la coscienza hishiryo. Se non diamo ascolto a parole complicate e non ascoltiamo suoni assordanti, possiamo sentire la voce dell’eternità.

Lo zazen è uno specchio. Permette di vedere, di comprendere se stessi.

L’ordine cosmico non ha niente a che vedere con il potere, è al di là del mondo temporale, è il Dharma. Se seguite il Dharma, il vostro karman cambia e appare la felicità.

Il satori, essendo il satori della pratica, non ha fine. Lo zazen, essendo la pratica del satori, non ha fine e la pratica non ha inizio.

Nel Buddhismo Mahayana il vero Buddha non ha il satori solo per se stesso, ma s’adopera affinché anche gli altri lo ottengano. Altrimenti tale satori sarebbe un satori egoista. Prima di ottenere il proprio satori, busigna far sì che gli altri lo ricevano.

La vera saggezza è come una robusta nave, una nave che attraversa l’oceano, il grande mare di tutte le sofferenze e della morte. È la grande e giusta, brillante illuminazione, scintillante nella profonda oscurità della nescienza. È l’ascia che abbatte l’albero delle illusioni.

Dal punto di vista delle illusioni la nostra vita cambia, le ossa, le cellule si trasformano, ma il nostro vero ego è la natura di Buddha, detta nel Cristianesimo “Spirito Santo”, immutabile per l’eternità. Non nasce né scompare. Allora attraverso lo zazen sentiamo che l’ego limitato e relativo è l’esistenza infinita e assoluta. È il vero satori. La pratica stessa dello zazen diviene l’autentico satori. Ogni zazen è un satori. Nello zazen possiamo fare la vera esperienza di questo satori, che non è né uno stato particolare, temporaneo, né genera particolari condizioni nate dalla percezione della coscienza personale. Si tratta di fare, tramite hishiryo, l’esperienza corporea della coscienza santa. Questa non viene dal cervello frontale bensì dall’ipotalamo, dal kikai tanden. Perciò è molto importante concentrarsi sull’espirazione.

 

 


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