Introduzione
Nietzsche,
Aurobindo e le demonesse tantriche
Il mio laboratorio
Un nuovo Rinascimento ci attende?
Rinascimento
come distacco e caduta, offerta e sacrificio
Materialismo divino
Corpo spirituale
Agli amanti
La struttura di questo libro
Parte prima - L'uomo oltre l'uomo
Gli amanti divini
Non vi è alcuna unità, vi è solo il darsi all'unione
Il gruppo sparso nel tempo e nello spazio
L'uomo che nasce dalle ceneri dell'uomo
L'esistenza è danza
Il surrender e il nichilismo attivo
Anima e denaro
Divorare significa salvare
Potere e potenza
Guardare nella morte
La stirpe dei conquistatori
Il nemico
La morale nervosa
La rivoluzione dei sensi
Una duplice trasformazione nervosa
Digressione sui chakra e sulle nâdî
Il respiro
Il Bardo
Mâyâ
La natura è molteplicità
Lo spirito è unità?
Quando il tuo tormento svela il dionisiaco in te
La contemplazione del mandala
Gerarchia fisiologica e gerarchia sociale
Che cos'è la fede?
Dividuum
La pioggia invisibile
Due più due fa uno
Prendersi cura di sé
La futura manifestazione della natura
Il fine è da sempre compiuto nel Principio
La supermente è una demistificatrice
Perdita e scoperta
La metafisica
La stirpe degli immortali
Dioniso e Penteo
La supermente: uno stato ampliato di coscienza
Il linguaggio
La scienza
Umano e divino
Governare il gioco
Io e gli altri
Il sacro
L'essere innamorato
R-Evolution
Parte seconda - Shakti
Il cambiamento fisico
La Madre
La fragilità è sacra
L'incubo
L'istinto spirituale
Equanimità, amore incondizionato, fede, percezione naturale
Terapia e trascendenza
La pratica quotidiana dell'arte del guarire
La pratica quotidiana dell'arte del morire
La pratica quotidiana dell'arte del sognare
L'estasi e la Kundalinî
Lo spirito del genio
Il nuovo corpo
La bellezza
La coscienza fisica
L'autoconsapevolezza fisica
La mamma e la personalità
La personalità
La visione storica e naturale della personalità
Diagnosi e terapia
La tradizione
L'anima, l'io, Il Sé, la mente e la nuova mente, lo spirito e la materia
Individualizzazione e individuazione
L'anticristo, quello che non si firma, anzi si nasconde
Il rito di passaggio
La dissacrazione rituale
Il moralismo, padre di tutte le pestilenze
I tre guna
Tamas
Rajas
Digressione sull'iperdifferenziazione
Sattva
Piacere, gioia, entusiasmo: i tre aspetti della beatitudine
Parte terza - Shiva
Alla ricerca di Shiva
I Tantra e la modernità
Ansia e panico
L'identità globale
L'androgino
Il maithuna, il rito dell'unione del maschile e del femminile
Ancora sull'identità globale
Il rito e il sacrificio
Il rito e il piacere
Streghe e dottori
Il giogo del desiderio
Vivere il mito
Il matrimonio
Tecniche e incantesimi
La vera materia
Il metodo della contemplazione e il viaggio controcorrente
Una meditazione sugli elementi
Note
Introduzione
PASSI SCELTI
Nietzsche, Aurobindo e le demonesse tantriche
Io vi dico: bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Io vi dico: voi avete ancora del caos dentro di voi.
Nietzsche
La logica è il peggior nemico della verità. […]
So che il contrario di quanto dico è vero, ma per ora ciò che dico è ancor più vero.
Aurobindo
In anni non lontani tra loro, in due luoghi del mondo assai distanti, due uomini parlano del medesimo mito esprimendosi attraverso le medesime forme: la filosofia e la poesia.
Nietzsche nasce il 15 ottobre del 1844 a Röcken, un paesino nei pressi di Lützen, Aurobindo nasce il 15 agosto del 1872 a Calcutta, è di 28 anni più giovane di Nietzsche.
Aurobindo conosce il pensiero di Nietzsche e anche la chiave di lettura che di quel pensiero dava il nazismo. Egli è un acerrimo nemico del nazismo e pare voglia riscattare il mito del superuomo dalla strumentalizzazione finalizzata alla lotta tra i popoli. Così egli si esprime nel suo aforisma che fa riferimento allo Zarathustra di Nietzsche:
Nietzsche ha visto il superuomo come un’anima di leone che esce dallo stato di cammello; ma il vero emblema araldico e il segno del superuomo è il leone seduto sul cammello ritto sulla vacca dell’abbondanza. Se non puoi essere lo schiavo di tutta l’umanità, non sei in grado di esserne il signore, e se non puoi rendere la tua natura simile alla vacca dell’abbondanza di Vasishtha affinché l’umanità intera possa mungere dalle sue mammelle a sazietà, a che vale la tua leonina superumanità?
Aurobindo condivide con Nietzsche la passione per Eraclito e ama a tal punto il filosofo greco che gli dedicherà uno studio importante.
Negli Essays on the Gîtâ Aurobindo dice:
Un giorno verrà in cui l’umanità sarà preparata spiritualmente, moralmente e socialmente per il regno della pace universale, ma in tale attesa, la battaglia intesa come aspetto della vita, la natura e la funzione dell’uomo come guerriero, devono essere accettate, e ogni religione e filosofia pratiche devono tenerne conto.
Quasi per dimostrare che la storia è il prodotto dell’immaginazione dei popoli, l’uno, il figlio dell’India che si ritrova libera e rinasce, divenuto nella sua India massimo saggio, si firma Sri, il Santo, l’altro, il figlio della Germania decadente, divenuto profeta, si firma l’anticristo.
Sapremo noi evitare l’abisso virtuale che separa un santo da un anticristo, oltre che trapassare la vacca di Vasishtha e le diversità di pelle, di razza, di mito, di linguaggio e tutte le altre caratteristiche opposte che legano i due? Se saremo capaci di fare ciò, non potremo non vedere che Aurobindo Ghosh sviluppa, a partire dai Veda e dai Tantra, una teoria e una prassi del superuomo che è straordinariamente parallela alla visione del superuomo di Nietzsche.
Come per i suoi illustri predecessori, Ramakrishna e Vivekananda, anche per Aurobindo, i Veda servono da ispirazione filosofica, mentre i Tantra indicano la via della pratica.
«Dobbiamo ascoltare i Veda, ma agire secondo i Tantra», diceva Sri Ramakrishna. E a Shiva, il dio che danza e che rivela i Tantra all’umanità, arriva energicamente Nietzsche con il suo pensiero e con la sua stessa vita che lo vedrà tramontare nel buio della follia danzando nudo proprio come un sâdhu tantrico. Non sta forse scritto nel Linga Purâna che nei Tantra c’è la chiave della salvezza per l’umanità che vive sul finire del Kali Yuga, l’età dei conflitti, della corruzione, della decadenza, che si presume essere la nostra epoca?
E per l’uomo contemporaneo che voglia passare attraverso una svolta profonda, una morte e rinascita, quale mito può mai essere più foriero di trasformazioni e mutamenti del mito del superuomo?
Per meglio evitare la trappola dell’abisso virtuale tra il tedesco e l’indiano, tra l’anticristo e il santo, ci è utile immergerci nello yoga tantrico. In verità, il tantrismo non ha abissi che dividono: è una rigogliosa pianura selvaggia. Soprattutto ciò che lega Nietzsche ad Aurobindo sono somiglianze di respiro, di potenza e di solitudine, di saggezza e di follia, di temperamento, di tensione rivoluzionaria.
Sri Aurobindo da bambino ha a che fare con una madre che mostra gravi disturbi psichici, da giovane uomo è illuminista e positivista, disposto ad accogliere solo quelle conoscenze che possono avere una efficacia materiale e possono essergli concretamente d’aiuto nella lotta al dominio britannico sull’India.
Consapevole che il proprio destino non sarà mai quello del padre di famiglia, Aurobindo così scrive alla moglie diciottenne in una lettera in cui vuole fare capire alla donna che sarebbe meglio se lei riuscisse a prendere definitivamente congedo da lui:
Sai cosa pensa la gente delle idee straordinarie? Pensa che è follia […]. Non puoi impedirmi di seguire il mio cammino di follia, non puoi dissuadermi.
Nietzsche, che conoscerà il buio della follia negli ultimi anni della propria esistenza, da giovane uomo è un colto filologo classico che critica Socrate per non essere stato abbastanza radicale nel campo della conoscenza, e apprezza Democrito, il filosofo per il quale «nulla esiste, fuorché gli atomi e il vuoto, tutto il resto è ipotesi», e ci mostra un’immagine fredda del mondo, ove non vi è forma di antropomorfismo.
Entrambi amano una donna e vogliono farne - per usare le parole stesse di Nietzsche che confessa le proprie aspirazioni riguardo a Lou Salomé in una lettera a Malfida von Meysenburg - «una discepola, un’erede, una continuatrice del mio pensiero».
L’uno, il santo (Sri), si dice che ami solo spiritualmente. L’altro il diavolo, il filosofo autore di un pensiero che, manipolato, si presta a un’interpretazione filo-nazista e che, poi, reinterpretato da una rilettura di sinistra, rimane sempre potenzialmente capace di drogare, ama, o vorrebbe amare, anche carnalmente. Il primo riesce, con Mirra Alfassa, detta poi Mère, nei propri intenti, il secondo, coerente con la legge della dannazione, con Lou Salomé, non vi riesce.
Il padre di Nietzsche era un prete di campagna. Aurobindo definì il proprio padre «un ateo terribile!».
Se Aurobindo ispira ai suoi discepoli la devozione che ispirano i santi, Nietzsche emoziona in modo viscerale, ma è nemico del pathos e così, come un vero maestro, finisce per sparire dalla scena lasciandoti a tu per tu con l’emozione vibrante.
Poco più che ventenni, ancora studenti, entrambi cadono da cavallo: non è un dettaglio trascurabile, ma un episodio che può svelare un destino o una volontà all’opera.
A causa della sua caduta da cavallo ad Aurobindo viene negata l’ammissione all’Indian Civil Service e le speranze di suo padre, che voleva per il figlio una carriera amministrativa alle dipendenze del governo britannico, vanno in frantumi. La volontà che farà di Aurobindo un rivoluzionario politico e poi un maestro della rivoluzione interiore pare già all’opera.
A causa dei dolori dovuti alla ferita allo sterno che riporta in conseguenza della caduta da cavallo, Nietzsche prende morfina e, sotto l’effetto della droga, sogna e delira:
Ciò ch’io temo non è l’orrenda figura dietro la mia sedia, ma la sua voce; e nemmeno le parole, bensì il tono terribilmente inarticolato e disumano di questa figura. Già, se parlasse almeno come parlano gli uomini!
Negli anni, il destino colpisce entrambi agli occhi portandoli a una progressiva perdita della vista che rende loro difficoltoso il leggere e lo scrivere. Entrambi, con molta energia, combattono contro la metafisica:
Colui che disse «Dio è uno spirito» fece in passato sulla terra il passo, il balzo più grande verso la miscredenza: una tale frase non si potrà riparare facilmente sulla terra! (Nietzsche)
Credo anch’io, amici, che se Dio esiste, è un dèmone o un orco. Ma in fin dei conti, che potete farci? (Aurobindo)
La direzione che prendono è verso il basso, giù, dentro il corpo, la materia, l’atomo, la cellula, verso ciò che appare freddo, morto, inerte, incosciente ed entrambi, proprio resistendo immersi nella legge meccanica dell’universo, come in un liquido oltremodo gelido, faranno la medesima scoperta nell’epoca della loro maturità intellettuale. A questa scoperta, come a un figlio, essi daranno persino un nome, lo stesso nome: il superuomo.
Sicuramente entrambi sono influenzati dal darwinismo, eppure entrambi si rivolgono contro il darwinismo e per la medesima ragione: «Darwin ha dimenticato (questo è inglese!) lo spirito», afferma Nietzsche nel Crepuscolo degli Idoli.
L’uomo è una creatura consapevole di sé che opera mediante un potere di volontà cosciente. Dall’uomo in poi l’evoluzione non può più essere un fatto inconsapevolmente naturale, ma deve essere la conseguenza di una libera volontà creatrice.
Dall’uomo in poi è l’azione della volontà cosciente di sé che stabilisce i tempi e i modi dell’evoluzione. Mediante essa l’uomo può determinare una accelerazione evolutiva. La natura, infatti, ci spiega Aurobindo,
cerca di realizzare la sua perfezione lasciando emergere sempre di più le sue potenze segrete per fondersi nella stessa realtà divina. Nell’uomo, che ne è la manifestazione pensante, ha per la prima volta ottenuto su questa terra strumenti coscienti e attivi, atti a realizzare più rapidamente e più potentemente questo alto destino.
In questa ottica, prosegue il Maestro:
I diversi sistemi di yoga non hanno quindi altro compito che di selezionare o accelerare ciò che la grande Madre già compie nel suo immenso sforzo ascensionale su larga scala, ma senza ordine, e con profusione di materiali e di energie, attraverso un’infinita varietà di combinazioni.
Nietzsche e Aurobindo descriveranno quel loro figlio, il superuomo, con la stessa forza, la stessa passione, la stessa ansia rivoluzionaria, gli stessi toni profetici.
Io voglio insegnare agli uomini il senso del loro essere: che è il superuomo e il fulmine che viene dalla nube oscura uomo. (Nietzsche)
L’evoluzione non è terminata; la ragione non è l’ultima parola della Natura, né l’animale raziocinante la sua forma suprema. Come l’uomo è emerso dall’animale così dall’uomo emerge il superuomo. (Aurobindo)
Il dionisiaco, la gioia, la danza: sono qualità che entrambi attribuiscono all’esperienza superumana.
Simili persino nell’attenzione posta nell’allontanare i deboli dal loro cammino e nella consapevolezza di parlare a pochi: essi hanno respirato la medesima aria rarefatta delle vette, quella che brucia il cervello degli umani troppo umani.
Come la vela, tremante per l’impeto dello spirito, va la mia saggezza sul mare - la mia saggezza selvaggia! Ma voi, servitori del popolo, voi saggi illustri, - come potreste andare con me! (Nietzsche)
Le discipline che cominciano con la libertà sono fatte solo per gli esseri forti e naturalmente liberi, o che, in vite anteriori, hanno gettato le basi della loro libertà. (Aurobindo)
Ma la somiglianza più significativa della loro avventura di pensiero è quella del metodo: la prassi della genesi del superuomo.
Il nichilismo completo di Nietzsche e il surrender di Sri Aurobindo sono vie parallele, animate dalla stessa aspirazione e capaci di giungere alla medesima meta: una nuova specie.
E, proprio come dei profeti, dopo avere impiegato molte energie a combattere la metafisica che separa il corpo dall’anima e la materia dallo spirito, Nietzsche e Aurobindo giungono a conclusioni che non si possono definire in altro modo se non metafisiche. Ma si tratta di una metafisica nuova, che può mostrarci una nuova mente in azione.
Le conclusioni di Nietzsche e Aurobindo, che non concludono il loro pensiero, anzi lo aprono a ogni possibile sviluppo futuro, non vogliono servire a spiegare, giustificare, a dare uno scopo o un senso e hanno più il carattere dei fatti che dei concetti.
L’eterno ritorno dell’uguale di Zarathustra e la vittoria dell’amore sulla morte di Savitri esprimono il carattere di un uomo fisicamente trasformato dal proprio surrender o nichilismo attivo o accettazione attiva di sé, cioè non condizionata da finalità o ragioni. Ma migliore del termine accettazione è, forse, in questo caso, la parola assimilazione: ciò che fa la diversità biologica tra l’uomo e il superuomo è l’assimilazione cellulare della capacità di amare se stesso incondizionatamente, capacità che porta l’oltreuomo a poter fare a meno della morte e del cielo, a desiderare il proprio eterno ritorno sulla terra. In un universo di simboli, in un cosmo che è rappresentazione, abbandonare la volontà, il bisogno o la necessità di morte significa divenire immortali.
A queste conclusioni Nietzsche e Aurobindo giungono dopo un percorso nelle profondità più fredde e oscure della materia, dove ogni certezza si perde e qualsiasi cielo viene dissacrato. Entrambi riemergono dal loro viaggio nel corpo, nella materia, nell’istinto, come reali pionieri di un nuovo mondo dalle cui distanze, da un certo punto in poi, essi paiono guardare il mondo dei contemporanei che li circonda e non li comprende.
L’esperienza estetica di Nietzsche diviene esperienza cosmica in Aurobindo, quando il filosofo indiano scopre che non può esistere un cambiamento dello stato della coscienza che non sia parimenti una trasformazione delle condizioni fisiche dell’essere. Ecco anche perché il mito del superuomo nietzscheano e aurobindiano sono paragonabili.
Ma questo libro non rappresenta uno studio comparato della visione di Nietzsche e di Aurobindo del superuomo, impresa per la quale non basterebbe il tempo di una vita.
Lo studio del pensiero di Nietzsche, come quello del pensiero di Aurobindo, è un percorso tale da portarti sempre all’incontro non con il vero significato del pensiero di Nietzsche o di Aurobindo, ma con il tuo stesso significato e le tue stesse visioni.
In tutti i sensi Nietzsche e Aurobindo sono stati interpreti di se stessi, della propria santità e dannazione, e spingono chiunque voglia tentare di capirli a interpretare se stesso.
Là fu, anche, dove io raccolsi per strada la parola superuomo e che l’uomo è qualcosa che deve essere superato, - che l’uomo è un ponte e non uno scopo: che si chiama beato per il suo meriggio e la sua sera, come via verso nuove aurore.
Nietzsche
Il nostro errore è stato ed è tuttora quello di sfuggire i mali del paganesimo rimediandovi con l’ascetismo, e sfuggire i mali dell’ascetismo ritornando al paganesimo. Oscilliamo senza fine tra due falsi opposti.
Aurobindo
Si pone, dunque, la questione di quale sia il punto di vista dal quale io osservo e interpreto.
Fin dalle sue prime pagine questo mio libro rivela la propria appartenenza al mondo della filosofia yoga, più che a quello della filosofia germanico-occidentale. La cosa si chiarisce sapendo che ho iniziato a frequentare il pensiero di Aurobindo più di vent’anni or sono, quando vivevo in Oriente, a quel pensiero ho dedicato la mia tesi di laurea e quasi tutte le mie ricerche successive, mentre ho conosciuto Nietzsche più tardi.
Io ho letto Nietzsche alla luce della mia conoscenza del pensiero di Aurobindo e poi riletto Aurobindo alla luce della mia conoscenza del pensiero di Nietzsche.
Ci si potrebbe qui soffermare sul fatto che Aurobindo, per via della sua formazione scolastica avvenuta in Inghilterra, è, tra i grandi maestri dello yoga orientale, il più fortemente influenzato dalla filosofia occidentale e che la visione dello Zarathustra di Nietzsche conduce dritto e, direi, energicamente alla figura dello Shiva indù, il dio che danza, ma forse è meglio che simili fatti emergano in modo più spontaneo e in un momento successivo agli occhi del lettore.
Aurobindo è un crogiolo di culture diverse: nella sua opera si sono superbamente accoppiate la filosofia orientale e quella occidentale, i Veda, la Bhagavadgîtâ e i Tantra, per arrivare a quella visione che egli stesso ha definito la sintesi dello yoga e che è stata poi chiamata lo yoga moderno. Tutto ciò, a proposito del mio punto di vista, esige che io chiarisca anche quale sia l’Aurobindo che più di ogni altro ho tenuto presente mentre scrivevo. Certamente si tratta dell’Aurobindo tantrico.
E, proprio dal lascito del grande maestro, ho appreso ad amalgamare le mie fonti in alambicchi alchemici e a demitizzare le mie prospettive privilegiate, così non ho mancato di ricorrere all’intervento, quasi violento, di alcune demonesse del Tibet sacro e della mitica figura di Padmasambhava stesso.
Non è folle che in uno stesso testo coesistano Nietzsche, Aurobindo e il Bar-do-thos-grol, il Libro Tibetano dei Morti, se si comprende che la morte, in chiave tantrica, è un processo che avviene ogni volta in cui si perde, ovvero si nega una certezza, e che il nichilismo completo, come il surrender, la resa assoluta, sono processi di morte mistica.
Questo libro è, in un certo senso, una riflessione sulla morte quale atto di supremo amore, ecco perché, come si scoprirà tra breve, è dedicato agli innamorati. È stato proprio lo yoga tantrico a fornirmi la chiave per questa mia lettura del mito del superuomo. In fondo, come ha affermato l’autore de La sintesi dello Yoga, «la disciplina tantrica è per sua natura una sintesi».
Citando le autorevoli parole di un grande storico delle religioni, Mircea Eliade, voglio qui ricordare che esiste «più di una sconcertante simmetria tra il tantrismo e la grande corrente misteriosofica occidentale nella quale confluirono, all’inizio dell’era cristiana, la Gnosi, l’ermetismo, l’alchimia greco-egiziana e le tradizioni dei Misteri».
Lo yoga tantrico e il Pûrna-yoga sono sintesi di conoscenze iniziate in epoche storicamente lontane fra loro e permanentemente in fase di vitale germinazione. Entrambe sono animate dal culto della Dea Madre e, per certi versi, costituiscono un ritorno alla religione della Madre, religione che dominò l’area definita indo-mediterranea e che non si estinse mai nelle popolazioni indigene dell’India.
Nel racconto del mito del superuomo, la danza sacra diventa a mano a mano così travolgente e potente che rispettare i canoni comuni della coerenza risulta impossibile e allora o si decide di andare avanti a danzare o si torna indietro, ai sicuri confini determinati da quella ragione che si voleva trapassare.
Anch’io ho fatto il mio bel viaggio demitizzante e sprofondando ad Oriente in una sostanza sempre più arcaica e fisica, cioè tantrica, sono riemersa in Germania. La logica comune non coglie il futuro nel passato e non appena ode i termini superuomo, evoluzione o nuova specie guarda, di riflesso, in una sola direzione. Io ho cercato l’uomo dopo l’uomo nel passato, oltre le discriminazioni geografiche: l’ho trovato in India, in Tibet, in Egitto e non solo in Grecia. Forse egli è esistito anche altrove, e se sia o meno destino che egli esista ancora dipende da una libera scelta dei popoli e degli individui, poiché dall’uomo in poi il destino naturale diviene una scelta consapevole.
Ogni volta che ho incontrato tracce dell’uomo dopo l’uomo l’ho annotato seguendo il filo della mia ricerca: il mito del superuomo.
Si tratta dell’espressione di un percorso personale, un’iniziazione, in cui tutto ciò che l’attimo prima era vero può essere contraddetto l’attimo successivo: il percorso iniziatico non è tenuto a rispettare i canoni mentali della coerenza logica, ciò non significa che esso non abbia una sua logica e una sua coerenza, le quali, però, affondano in un potere che è oltre la mente. Del resto, come Nietzsche e Aurobindo avevano notato, bisogna lottare contro la tendenza a voler oltrepassare la ragione con la ragione.
Un nuovo Rinascimento ci attende?
I più preoccupati si chiedono oggi: «come può sopravvivere l’uomo?». Zarathustra invece chiede, primo e unico: «come può essere superato l’uomo?»
Nietzsche
Non tentate però di comprendere e di giudicare la Madre Divina con la vostra piccola mente terrestre a cui tanto piace discutere, anche le cose che la superano, che tutto riduce alla propria statura, alle proprie norme e alle proprie misure, ai propri meschini ragionamenti e alle impressioni soggette ad errore, alla propria ignoranza aggressiva e vuota e alla conoscenza piena di meschinità e di presunzione. La mente umana, rinchiusa nella semi-oscurità della sua prigione, non può seguire la libertà multilaterale dei passi della divina Shakti. […] L’uomo non riconosce la maniera di agire della Potenza Suprema quando essa s’innalza in cerchio attraverso il labirinto dell’ignoranza verso la Luce dell’alto. […] Non ascoltate la vostra mente, essa non riconoscerà la Madre nemmeno quando è dinanzi a voi. Seguite la vostra anima e non la vostra mente.
Aurobindo
Da più parti, sia dalla parte dei filosofi orientali che da quella dei pensatori occidentali, si fa strada l’idea che la civiltà platonico-cristiana sia giunta oggi a un punto oltre il quale le sarà difficile e penoso perpetuare se stessa. Così viene da chiedersi: ci sarà un nuovo Rinascimento?
La tecnologia ha reso i luoghi e i popoli tanto meccanicamente vicini tra loro che, oggi, il confronto delle culture e delle religioni è inevitabile. E il fatto che tutte le culture e le religioni umane nascano da verità e origini identiche è così evidente da non poter più essere negato né trascurato. Ritrovare quelle origini è il significato stesso del Rinascimento che potrebbe attenderci. La rinascita, questa volta, non sarà ispirata prevalentemente dalla Grecia, ma dovrà passare in larga misura anche per l’India, e non solo perché la tecnologia ha abbreviato le distanze, spingendo le culture al dialogo. In India più che altrove si è conservato intatto un tesoro di inestimabile valore: il legame tra la vera conoscenza, la conoscenza di sé, e la pratica fisica, il metodo corporeo, il rituale, il quale consente al corpo di essere strumento e beneficiario della saggezza spirituale.
In epoca moderna l’India ha visto nascere pensatori del calibro dei saggi e poeti ispirati dell’antichità, basti pensare a Sri Aurobindo. Simultaneamente ha conservato le magnifiche figure dei praticanti del tantrismo shivaita, i sâdhu, i mistici nudi che vivono secondo l’immagine dell’antico dio Shiva, veri maestri che conoscono, esercitano e tramandano le pratiche spirituali. Si tratta spesso di gente non colta, com’è stato il caso dello yogin Visnù Baskar Lele, il maestro di Sri Aurobindo. Queste figure sono importantissime per l’umanità. Esse sono per noi il richiamo vivente al segreto che la nostra civiltà ha perduto: non ci può essere vera spiritualità che non passi attraverso il corpo.
Nel nostro mondo la materia ha un valore solo in quanto risorsa da sfruttare e tutti siamo consapevoli del fatto che, se non muteremo il nostro atteggiamento verso il pianeta, in pochi decenni raggiungeremo la catastrofe ecologica. Disinnescare il dispositivo di autodistruzione sarà possibile solo attraverso un cambiamento dell’uomo che possa permette a ciò che è stato diviso, al corpo e all’anima, alla natura e allo spirito, di ritrovare la propria unità.
L’india ha fatto le funzioni di un custode: ha preservato e tramandato un tesoro che oggi appartiene al mondo, è il suo stesso cuore pulsante, se venisse irrimediabilmente ferito allora davvero non ci sarebbe più speranza. L’India dimostra di essere molto fragile e vulnerabile di fronte ai modelli economici, sociali, tecnologici della civiltà-supermercato dell’Occidente.
A noi occidentali, sopravvissuti alle filosofie materialistiche, e resi, forse, un po’ immuni ai miraggi del progresso industriale e tecnologico, spetta il compito di raccogliere quel tesoro vitale, farlo nostro, esaltarlo alla luce della cultura classica e dei percorsi iniziatici che da sempre gli sono fratelli, primo fra tutti l’alchimia.
Allora scopriremo che quel tesoro, il sapere tantrico, essendo assolutamente non dogmatico, non canonico, neppure codificato, ma vivendo di una verità eterna eppure non statica, in continuo auto rinnovamento come un fiume che scorre, non solo è perfettamente conciliabile con qualsiasi religione, ma è anche il mezzo per ritrovare in ogni religione la vera religione. Quel tesoro vitale, infatti, non si esprime in un paradigma del reale, in un modello religioso, scientifico, sociale, culturale o politico della realtà, ma sprigiona direttamente dall’immaginazione di chi sia disposto a sperimentarlo. Senza l’esperienza esso non ha potere.
Ma esiste un cammino religioso che possa essere davvero efficace senza l’esperienza diretta? Esperire è immaginare e immaginare è esperire.
La perdita della pratica spirituale personale ha contribuito a far sì che le religioni cessassero di essere degli strumenti per il risveglio della potenza negli individui e divenissero degli strumenti efficaci a creare un potere sugli individui.
Ma una conoscenza che sia frutto dell’immaginazione diretta, immediata e spontanea dell’individuo può aiutare anche l’uomo contemporaneo, come ha fatto con gli antichi, a ritrovare nella propria religione la carica rivoluzionaria e spirituale della religione originaria.
Allora, forse, si potrà confermare che la chiesa cattolica ha, nel proprio cuore segreto, conservato e tramandato non solo il mito classico ma persino il senso profondo del culto della Dea Madre, la Sofia.
Certo ci sono figure all’interno della nostra chiesa così ispirate dalla Madre, così in attesa della nuova Gnosi, che fanno pensare all’esistenza ancora vitale di una certa Chiesa occulta, la quale, come il più nudo e mendicante degli asceti indiani, attende, forse, un’umanità pronta alla svolta per aprire le porte dei propri misteri.
Di fatto ciò che può rendere l’individuo veramente pronto a un nuovo Rinascimento è quel tesoro vitale, quella pratica spirituale, il metodo, il rito che restituisce sacralità alla materia, al corpo, alla natura.
Quel tesoro è nella magia, nell’incantesimo tantrico e alchemico.
Il tantrismo e l’alchimia sono mai stati veramente percorsi separati, oppure è vero che non vi è che un unico grande percorso iniziatico per chi voglia incontrare se stesso?
Il percorso iniziatico è una discesa, non una ascensione, ma una discesa, nel corpo e nella materia alla scoperta della sorgente dell’immaginazione che chiamiamo anima.
La via della rinascita dell’Europa passa anche attraverso l’India, è una via che, rivoluzionando i miti sociali, può cambiare profondamente l’uomo e il suo mondo, è la via della vera rivoluzione interiore.
In un universo in cui la realtà è simbolo e mito, il mito del superuomo contiene forse in sé le caratteristiche per cambiare la rotta degli eventi e dare al genere umano la possibilità di un nuovo rapporto con se stesso e con il pianeta.
Rinascimento come distacco e caduta, offerta e sacrificio
…e solo quando mi avrete tutti rinnegato io tornerò a voi.
Nietzsche
Non provare ripulsione per le perversioni del mondo; il mondo è un serpente ferito e velenoso che, contorcendosi, avanza verso una sicura muta e una sicura perfezione. Aspetta, perché è una scommessa divina, e da questa bassezza Dio emergerà radioso e trionfante.Aurobindo
La civiltà più decadente permette ciò che la supera.
La nostra civiltà occidentale e consumista è qualificata a portare sui propri rami frutti così maturi da essere prossimi al distacco e alla caduta.
La rinascita dell’uomo oltre l’uomo non è una crescita dal solito tronco, ma un distacco netto dall’albero del mondo e una caduta, un abbandono alla terra, alla Madre, un tramonto, un surrender, una perdita di ogni appiglio, un nichilismo completo che supera il nichilismo, un sacrificio di sé alla terra, alla Madre, che è la forza capace di polverizzare e ricreare dalla polvere l’inatteso.
È solo nel momento in cui tutto è perduto che tutto improvvisamente è conquistato. Il senso dell’errore è un frutto di una concezione lineare del tempo. Ma il tempo della natura, il ritmo naturale, è circolare: in questo ritmo ogni attimo è eterno e l’errore non esiste, se non come accesso a una perfezione superiore. Ciò che è buono e giusto è sterile, mentre l’errore è il concime del divenire.
Come non amare una civiltà capace di decadere al punto da permettere ciò che la supera? Il nostro mondo è ricco di morbi sacri.
Certo: se non diverrete come i fanciullini non entrerete in quel regno dei Cieli. (E Zarathustra indicò in alto con le mani).
Ma noi non vogliamo neppure entrare nel regno dei Cieli. Siamo diventati uomini, perciò noi vogliamo il regno della terra.
Nietzsche
è proprio in questa Materia che l’inferiore può trasfigurarsi e assumere la natura superiore, e il superiore rivelarsi nelle forme inferiori. [L’uomo non deve] sottrarsi alla vita che gli è data per realizzare questa possibilità trasfiguratrice.
Aurobindo
Sia il superuomo di Aurobindo che quello di Nietzsche è un santo o un artista, un genio che non fa propria la visione geniale, ma consolatoria, della religione, secondo la quale è in un altro mondo che una grande anima può trionfare.
Il superuomo vuole questo mondo.
La visione religiosa, come il paradigma terapeutico, confortano il debole, ma sono di ostacolo al manifestarsi di una umanità superiore.
Ecco come Nietzsche si esprime in Aurora:
Esistono ricette in ordine al senso della potenza, in primo luogo per quei tali che possono dominare se stessi e per cui già attraverso di ciò il senso della potenza è divenuto cosa familiare; in secondo luogo per quegli altri a cui è precisamente questo che manca. Il bramanesimo si è preso cura degli uomini della prima specie, il cristianesimo degli uomini della seconda.
Ed ecco come si esprime nel suo Zarathustra:
Ci vuole più coraggio a farla finita che a scrivere un verso nuovo: ciò sanno i medici e i poeti.
La scoperta di un materialismo divino e di un corpo spirituale, cioè il ritrovamento di Dio dentro all’uomo, e, parallelamente, la libertà dai valori di salute e malattia e dalle rigide categorie di vita e morte, che si fondano sullo spavento che la conoscenza dissolve, sono i due binari lungo i quali ci muoveremo nei capitoli seguenti.
Su questa strada la volontà di vita, l’istinto di conservazione, diviene volontà di conoscenza e la vita si scopre, come la mente, uno strumento della conoscenza che la conoscenza può innalzare all’infinito.
Su questa via si finisce, prima o poi, ad affermare con Aurobindo che «la tua conoscenza è il Dio vivente in te».
Dicevamo che la mente attuale dell’uomo è uno strumento così limitato da non essere in grado di vedere il futuro nel passato e quando pensa all’oltreuomo fatica a coglierlo tra gli antichi egizi, nella Grecia antica, nell’India dei poeti vedici o altrove nella storia.
Riconquistare questo mondo significa, sia per il superuomo di Aurobindo che per quello di Nietzsche, liberarsi dal condizionamento ipnotico dei valori dell’uomo attuale che sono costruiti in risposta ai bisogni scatenati dalla paura e dalla confusione dovuta all’ignoranza.
Paura e ignoranza caratterizzano l’era di oscurità e conflitti che viene definita nella tradizione yoghica Kali Yuga e nella tradizione classica età del ferro, in cui vi è la più tetra decadenza. L’uomo attuale è, nella visione aurobindiana, una creatura tanto inquieta e sofferente perché si trova in un momento di transizione. Il Kali Yuga, infatti, starebbe per volgere al termine e gli influssi della nuova era sarebbero già presenti nel mondo.
Nello yoga e nel tantrismo senza confini geografici ho cercato gli esempi più eclatanti del ribaltamento di valori che Nietzsche definisce trasvalutazione. Non mi è stato affatto difficile trovare quegli esempi, perché lo yoga e il tantrismo, che sono metodi per la manifestazione di un uomo superiore, sono sistemi pratici per la trasvalutazione o, come notò Aurobindo, essi sono i canali di libera espressione della volontà della vita.
Se si osserva attentamente la vita da una parte e lo yoga dall’altra, ci si accorge che la vita è yoga, coscientemente o subcoscientemente. Con questo termine, infatti, intendiamo uno sforzo metodico di perfezione di sé attraverso il manifestarsi di potenzialità latenti nell’essere.
In verità, tutta la vita è yoga.
La generalizzazione dello yoga nell’umanità sarà l’ultima vittoria della Natura sui propri indugi e i propri travestimenti.
Nello yoga tantrico il ribaltamento dei valori dettati dalla paura ai quali ubbidisce l’uomo del Kali Yuga è simbolicamente rappresentato dalla capacità del tantrico di non disperdere il seme durante l’atto sessuale, ma di farlo rifluire verso l’alto capovolgendo la legge fisiologica.
Dietro i tuoi pensieri e sentimenti, fratello, sta un possente sovrano, un saggio ignoto - che si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo. […]
Io non vado sulla vostra strada, dispregiatori del corpo! Voi non siete per me ponti verso il superuomo!
Nietzsche
Se è vero, come assicura la saggezza indiana, che il corpo è lo strumento previsto per adempiere la vera legge della nostra natura, risulta che ogni avversione definitiva per la vita fisica è necessariamente un’avversione verso la totalità della Saggezza divina ed un abbandono degli scopi ch’essa ricerca nella manifestazione terrestre.
Aurobindo
Non solo in epoca moderna, ma, e in modo drastico, anche in quella che si definisce l’epoca classica dello yoga, il tantrismo e lo yoga sono stati fatti oggetto di quella stessa morale razionale dalla quale essi dovevano assicurare, in ogni epoca e presso ogni popolo, la liberazione.
Ai giorni nostri, quando possiamo cogliere la possibilità di una reale svolta della civiltà, lo yoga e il tantrismo devono con decisione essere affrancati dalle interpretazioni che ne sono state date attraverso quello strumento, la ragione morale, di cui essi dovevano costituire l’antidoto.
Coloro che, in epoca moderna, inseguendo i miti di uno yoga da palestra o da salotto e di un tantrismo tradotto in sessuologia, perseguono i valori di salute, benessere, vigore e verità che scaturiscono dalla morale comune, rappresentano la logica conseguenza storica di una interpretazione dello yoga e del tantrismo che serve il bisogno dell’uomo spaventato che cerca di difendersi serrandosi nelle strutture dell’ego.
Lo yoga e il tantrismo, pur essendo all’origine un unico insegnamento di libertà e immortalità, possono esprimersi, a seconda degli uomini che li maneggiano, in due percorsi: uno di risveglio e l’altro di addestramento e induzione ipnotica. Dopotutto è risaputo che ciò che salva è anche ciò che può dannare e che il farmaco può anche essere veleno.
Il mito del superuomo ci porta a una riconsiderazione dell’essere fisico. Dal caos creativo della trasvalutazione emerge il corpo come vero asse cosmico.
Il superuomo è colui che plasma se stesso e crea il proprio destino, non lo subisce. Nel mito del superuomo le questioni di verità sono questioni di potere, vale a dire che vero è ciò che viene immaginato con più forza, e questa forza è, indubbiamente, un’energia fisica.
Una verità diviene vincente se il corpo e i sensi la sostengono con una intensità vincente.
L’origine della forza del corpo è nell’energia sessuale che incarna la volontà di conservazione ed evoluzione della natura. Questa energia è chiamata nel tantrismo la Kundalinî-shakti, è la potenza della Madre Cosmica nell’individuo umano. Generalmente nell’uomo attuale la Kundalinî è un potere addormentato. L’essere mentale, o meglio quella parte dell’essere mentale che chiamiamo giudizio mentale o morale, è divenuta la vera padrona dei sensi, tanto che il vedere, il sentire e tutte le facoltà percettive sono il prodotto di operazioni mentali o scelte morali.
Liberare il corpo affinché esso possa, con tutto il potere della propria energia, sostenere la creazione di un nuovo uomo, di un essere supermentale, è la via del risveglio della Kundalinî. Di questa via il tantrismo costituisce la prassi.
La genesi del superuomo passa attraverso una rivolta dei sensi alla morale meccanica, inconscia, che condiziona l’attività percettiva del corpo e si manifesta in una rinascita dell’essere fisico nelle altezze dello spirito dalle quali esso era stato scacciato dalla ratio.
Il corpo è anima, poiché è la fonte del potere dell’immaginare. A questa conclusione assolutamente tantrica ci condurrà il mito del superuomo nelle pagine che ci attendono. Nell’avventura del superuomo, il corpo è il calice segreto da riconquistare e la morale è il drago da sconfiggere. Lo yoga tantrico è un patrimonio di sapere per questa avventura, esso possiede i mezzi, è lo scrigno dei segreti della prassi.
Voi creatori, in voi è molto di impuro. E questo, perché non potevate non essere madri.
Nietzsche
Come posso restare soddisfatto dei miei giorni mortali,
io che ho visto dietro la maschera cosmica
la gloria e la bellezza del tuo volto?
So che la tua creazione non può fallire:
li ho visti i fiammanti pionieri dell’Onnipotente
scendere a frotte dalle scale ambrate della nascita;
precursori di una divina moltitudine,
percorrendo il cammino della stella mattutina.
Li ho visti attraversare il crepuscolo di un’età,
i bambini dagli occhi di sole di una meravigliosa aurora,
possenti distruttori delle barriere del mondo,
messaggeri dell’Incomunicabile,
architetti dell’immortalità.
Volti che portano l’immota gloria dell’Immortale,
corpi resi belli dalla luce dello spirito,
portatori della parola magica, del fuoco mistico,
portatori della coppa dionisiaca della gioia.
Scopritori delle strade soleggiate della bellezza,
il loro passo un giorno cambierà la dolorosa terra.
Aurobindo
Chi mai può disintegrare la prigione dell’evidenza con il soffio del piacere, la carezza della gioia, il bacio dell’estasi? Dove i sensi, i profeti del nuovo mondo, possono rivoltarsi per riscattarsi dalla millenaria tirannia della paura, se non nel corpo di chi è innamorato?
Questo libro è per gli innamorati.
È notte: ecco, il mio desiderio erompe da me
come una sorgente - il mio desiderio è di parlare.
È notte: ora parlano più forte tutte le fontane zampillanti.
E anche l’anima mia è una zampillante fontana.
È notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti.
E anche l’anima mia è il canto di un amante.
Nietzsche
Ogni parola e ogni azione scaturiscono già pronte
dall’eterno Silenzio.
Aurobindo
Questo libro è diviso in tre parti. La prima parte, con i suoi continui rimandi a Nietzsche e Aurobindo, è la più descrittiva e filosofica, si volge a narrare aspetti del mito del superuomo. La seconda parte è più pragmatica e psicologica. La terza, infine, affonda con più decisione nel tantrismo.
Vari concetti esposti nella prima parte sono stati ripresi nella seconda e terza parte per poter essere rivisti in chiave più pratica o psicologica.
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